A quasi vent’anni dall’uscita nelle sale, The Truman Show si conferma essere un cult di alto livello, non solo per l’emozione suscitata dalla pellicola, ma soprattutto per il significato sociale di cui essa è caricata. Il film, diretto da Peter Weir e uscito nel 1998, narra la distopica vicenda di Truman Burbank, uomo qualunque attorno alla cui vita ruota un colossale show televisivo. Truman, interpretato da un insolito Jim Carrey, è all’oscuro di tutto, mentre l’intero pianeta assiste ai suoi dialoghi e alle sue interazioni con l’infinità di attori che recitano le parti di coloro con cui il protagonista ha a che fare tutti i giorni, inclusi moglie e migliore amico.

Truman non ha modo di sospettare nulla perché viene ripreso sin dalla nascita, essendo un orfano adottato dal network televisivo produttore della trasmissione. I primi dubbi gli sorgono quando, come capita a chiunque, sente il richiamo del mondo, oltre a quello di una serie di attivisti che riescono a intrufolarsi nello show, tra cui una ragazza che, nonostante gli sforzi dello staff del network, rimane ben impressa nei ricordi di Truman. Ma il network e l’ideatore dello show, Christof, non possono permettere che Truman lasci il gigantesco set, fin quando i sospetti di Burbank, trovatosi imprigionato nella cittadina, non si trasformano in certezza.

L'attualità di The Truman Show

Oltre a essere un’opera toccante, The Truman Show mette in scena una metafora del ruolo dello spettatore, un po’ voyeur e un po’ fan.

Non è certo il primo film a riprodurre un meccanismo meta-cinematografico di questo tipo. Il precursore più eclatante è forse La finestra sul cortile (1954) del maestro Alfred Hitchcock, dove l’occhio della macchina da presa corrisponde allo sguardo dello spettatore, che combacia a sua volta con quello del protagonista Jeff.

Nonostante l’analogia in questione le tipologie di spettatore descritte da queste due opere sono molto diverse tra loro: Hitchcock descrive uno spettatore prevalentemente cinematografico, seduto in poltrona così come è seduto il protagonista a causa del suo infortunio; lo spettatore del Truman Show è uno spettatore molto più inserito nelle logiche televisive, e in particolare quelle appartenenti a quei reality shows come il Big Brother che avrebbero invaso gli schermi casalinghi di milioni di persone in tutto il mondo.

Non è più il regista a tenere le redini del flusso di immagini a cui lo spettatore è sottoposto, ma le logiche di mercato e i networks televisivi. Il sapore profetico del film si può sentire nei modi in cui il creatore dello show gestisce la trasmissione: 5000 telecamere, controllo degli imprevisti, pilotaggio delle situazioni e addirittura del meteo, dando luce a un reality in cui di reale vi è solo Truman (true man). Lo show del film altro non è che un embrionale ma esasperato prototipo di ciò che nella vita reale ha preso il sopravvento negli anni a seguire nell’universo mediatico, dando l’impressione allo spettatore di svolgere un ruolo attivo che non si limita più all’intuizione di una trama.

La quale, almeno teoricamente, non dovrebbe neanche esistere negli spettacoli in questione, ma alla visuale, grazie alla scelta delle telecamere nelle varie ‘case’ e set dei reality shows, nomination e voti da casa, grazie alla tecnologia telefonica, digitale, satellitare e di Internet.

Nonostante sia ormai un prodotto relativamente ‘datato’, The Truman Show ha raggiunto l’apice della sua attualità negli ultimi anni. La riflessione che occorrerebbe fare è proprio sul ruolo che lo spettatore assume oggi. Lo show non prende vita solo sullo schermo cinematografico o televisivo, ma sui computer e cellulari, grazie ai social networks. Il passaggio ulteriore, che è quello che rende il film così attuale, è che così come Truman viene ripreso 24 ore su 24, anche i fan sono perennemente attaccati agli schermi e spesso durante lo svolgimento del film le inquadrature che offrono i primi piani di Truman si ribaltano per far vedere gli sguardi degli spettatori verso la televisione.

E’ lo spettatore stesso a diventare Truman oggi, con l’avvento del web 2.0 non c’è nessun network che diffonde la nostra immagine in rete, ma è l’utente stesso a offrirla e a trasformare la sua vita in spettacolo di cui anche gli altri possono fruire.