Papa Francesco, si dica quel che si vuole, è tutt'ora amatissimo. Del resto ha saputo parlare al cuore della gente ed è stato in grado di avvicinare alla fede molte persone che ormai vedevano nel messaggio cristiano l'anticamera della morte del pensiero e della sana riflessione. Dopo quanto accaduto di recente, con accuse che gli sono state rivolte da una parte del clero più conservatore, ci chiediamo il motivo di questo atto. Perché tentare di tarpargli le ali, relegandolo a un ruolo di eretico?

Un grande uomo prima di tutto

Papa Francesco era uno dei papabili già all'epoca dell'elezione di Ratzinger e non è piovuto di certo da chissà quale stella.

Era da tempo un apprezzato Arcivescovo e, ancor prima, un gesuita con tutte le conseguenze del caso...Proprio così, inutile negarlo, del resto il gesuita vive due grandi tensioni: l'obbedienza totale, perinde ac cadaver come diceva il Fondatore Sant'Ignazio di Loyola, ma anche gli spasmi, i respiri, le ansie di un mondo che cambia, che si rinnova ed è proiettato verso il nuovo, pur nella fedeltà alla tradizione. Volere o volare: il sacerdote gesuita, Bergoglio compreso, vive questa dimensione, spesso nell'idea che la comprensione dei casi umani, delle singole situazioni, sia davvero la chiave per capire l'essere umano. In quest'ottica, quando ci si lamenta per quello che ha scritto nella Amoris Laetitia, se non si tiene conto di tutto ciò non si potrà mai capire realmente il suo pensiero.

Una Chiesa povera e per i poveri

Quando Francesco parla del desiderio che la Chiesa sia povera e per i poveri, se lo si interpreta come una affermazione sovversiva significa che la dottrina sociale della Chiesa è rimasta un vago ricordo, relegata peraltro a una concezione statica e davvero assurda. Del resto, quando Bergoglio parla della teologia della liberazione, di Don Mazzolari, di Don Milani, non sta sovvertendo i cardini della fede e della morale, ma sta semplicemente ricordando le istanze che dovrebbero sgorgare dal nostro cuore, dalla nostra mente, e cioè quelle di liberazione, di condivisione, di superamento delle ingiustizie, di lotta alla povertà.

Essere cristiani non può essere altro che questo.

Certo, non è e non sarà facile farlo capire, ma anche certe affermazioni di uomini a lui vicini, come il Cardinal Bassetti, Arcivescovo di Perugia e ora 'number one' della Conferenza Episcopale Italiana, l'Arcivescovo Zuppi di Bologna, Mons. Giancarlo Perego, prima direttore di Migrantes e ora Arcivescovo di Ferrara-Comacchio, ci possono far ricordare che la fede senza le opere non vale nulla, e le opere senza la fede al tempo stesso sono vuoto e niente se non c'è un qualcosa che dia loro un significato.

Di certo nella Chiesa attuale c'è magari meno posto per alcune realtà ecclesiali che vivono tuttora nella paura di perdere terreno e che non di rado si sono chiuse in schemi spesso superati, mentre - al contrario - dovrebbero ricordarsi sempre che l'obbedienza al Santo Padre resta e sarà sempre un punto basilare per i cattolici. Inutile quindi meravigliarsi se proprio queste realtà ecclesiali spesso si oppongono ai cambiamenti in corso, quelli che scaturiscono da Papa Francesco...