Quelle che saranno presentate sono le ragioni di entrambi gli schieramenti in lotta.

Le ragioni della Catalogna

Dopo tutte le dimostrazioni di indipendenza culturale delle quali la Catalogna è stata capace nel corso dei secoli, considerare questa terra una semplice parte di una realtà più vasta e non una regione dotata di una propria identità, sarebbe un'approssimazione inaccettabile. Ma cos'è la cultura? È senz'altro un concetto particolarmente complesso e di difficile definizione. Tra i tanti elementi che danno vita alla cultura di una nazione o perfino di una realtà sociale più grande, la lingua e la letteratura sono probabilmente quelli di maggior rilevanza.

Nell'Europa​ romanza, l'epoca antica termina anche perché buona parte del continente smette di utilizzare una lingua, il latino, per adottarne di nuove. Molto tempo fa, la Catalogna ha deciso di intraprendere delle strade molto differenti rispetto a quelle prese dalla Castiglia e dal resto della penisola iberica. Dal punto di vista letterario la Castiglia si dedica al poema epico-cavalleresco con le sue storie di gesta eroiche, mentre la Catalogna, sempre più influenzata dallo stile dei trovatori provenzali, dà il meglio di sé con la poesia cortese d'amore. Del tutto particolare è nel Medioevo la storia del regno di Aragona, la cui prosperità era legata al mar Mediterraneo occidentale e al contatto con i Giudicati sardi e il regno di Napoli.

Ma probabilmente, più della memoria storica e del passato letterario, a fare della Catalogna una realtà a sé è il suo idioma. Il catalano non va confuso con il castigliano, né con uno dei suoi molteplici dialetti. E' una lingua a tutti gli effetti, essendo infatti caratterizzata da una grammatica e un lessico che non condivide con lo spagnolo di Madrid, molto più di quanto non condivida con il francese di Parigi o il sardo di Cagliari.

La Catalogna ha tutto il diritto di rivendicare la propria autonomia e di porre fine ad un vero esempio di neocolonialismo per riconciliarsi con la propria identità. Queste sono le ragioni degli scontri.

Le ragioni della Spagna

La Spagna è una grande nazione, ma insignificante se comparata a giganti economici quali la Cina o l'India.

Rompere l'unità potrebbe non essere la scelta più astuta in uno scenario mutevole nel quale l'occidente tramonta e inizia l'età d'oro delle potenze sub-continentali. Sono molteplici i dubbi che questa disputa, tutt'altro che recente, tra la libertà e la paura di scomparire, solleva. Qual'è il senso di porre nuovi confini, quando la sfida più grande che dovremmo porci dovrebbe essere proprio quella di abbattere i vecchi? Che vantaggio avremmo a concepire differenti statuti e regolamentazioni, validi in un territorio circoscritto, se vengono riconosciuti diritti universali che sono senza confini e se dovremmo fare fronte comune contro il tasso crescente di inquinamento? Perché una regione dovrebbe dissociarsi da uno stato unitario lo stesso giorno nel quale inizierà verosimilmente a trattare con l'Europa per entrare a far parte di una realtà politica più grande?

Che diritto ha una regione di sfruttare non quelle risorse naturali che naturalmente appartengono ad un territorio, ma tutte quelle infrastrutture che sono state erette per mezzo di fondi statali, per merito e volontà di un popolo di contribuenti più numeroso? E' giusto che dopo decenni o perfino secoli di collaborazione, lavandosene le mani, un milione di persone decreti per le ragioni più disparate la miseria di una comunità più consistente? E' giusto privare un abitante di Siviglia della Catalogna che è comunque parte di un'identità nazionale spagnola nello stesso modo in cui è parte della nostra identità di italiani il patrimonio artistico e architettonico più importante del mondo, che forse non sarà tale senza il contributo della Sicilia, della Sardegna, piuttosto che del Veneto o di qualunque altra regione ambisca al distacco?

Cos'è una nazione e cosa dovrebbe essere? Un paese è fatto di una voce o di un ideale? L'aspetto più bizzarro del linguaggio umano è che muta nella maniera più graduale. La cultura non ha confini netti tali da poter essere ufficializzati. Ma se delle persone si stabiliscono in un territorio, giurano di amarlo, proteggerlo e liberamente dichiarano di essere disposti a tutto pur di assicurare dignità agli indigenti, parità alle donne, prospettive ai giovani, assistenza agli anziani, allora avremo una nazione con elevati standard di vita, per tutti. E se queste persone dovessero promettere di rivendicare per conto della terra, muta, quei diritti che il resto del mondo ha deliberato di ignorare, forse il mondo stesso vivrebbe un anno in più di quanto il destino aveva stabilito.