Questa domenica si vota in Sicilia per il rinnovo del parlamento più antico del mondo. Fu proclamato per la prima volta presso il Palazzo dei Normanni di Palermo, nel 1140, oggi sede dell’Assemblea Regionale Siciliana (ARS).

I contendenti per la poltrona di Presidente della Regione sono 5, ma la lotta al vertice sembra essere circoscritta solo a due candidati: Nello Musumeci, candidato della coalizione di centro destra; Giancarlo Cancelleri, candidato del Movimento 5 Stelle.

Comunque vada sarà un successo?

La campagna elettorale, finalmente giunta alla sua conclusione, ha generato negli elettori distacco e ritenzione.

Sarà forse per le pulsazioni che hanno generato, sin dalle sue prime battute, "nobili decaduti" della Politica siciliana che hanno pensato bene di riproporsi agli elettori direttamente o tramite loro affini?

Il dibattito politico è stato caratterizzato da slogan a ripetizione, attacchi personali e frasi ad effetto elaborate dai più retrivi gruppi di comunicazione. Pochissimo spazio è stato dato ai programmi, ai progetti e alle caratteristiche amministrative che dovrà assumere il nuovo governo da chiunque sarà rappresentato.

La delusione più cocente è proprio questa. In una regione al limite del fallimento, dove la Corte dei Conti ha parlato di “rischio default”, le province sono implose, i Comuni dell’isola sono al collasso finanziario, nessuno dei contendenti in campo ha parlato di ricette di soluzioni e di vie da percorrere per uscire dal guado.

Il dubbio che ci assale è che forse non lo sanno o forse non hanno metodi e soluzioni. Ma il problema non li riguarda, così come non ha riguardato chi li ha preceduti e quelli prima ancora.

Se queste sono le premesse, domani andremo al voto con la consapevolezza che nuovi gabellieri e futuri ascari si posizioneranno in cima alla piramide siciliana le cui fondamenta, ogni giorno che passa, si sgretolano sempre più fino a che arriveremo al tracollo?

Si spera di no e che la ragione e la consapevolezza prendano il sopravvento sulla spregiudicatezza!

Visto che non lo dicono loro, lo diciamo noi, o meglio ancora lo suggeriamo noi al futuro presidente e alla sua maggioranza. In primis dovrete mettere da parte i personalismi e le beghe di partito. Lavorate per la Sicilia e per il popolo siciliano.

Niente più concessioni e regalie al governo centrale

Alla Regione siciliana, negli ultimi quattro anni, lo Stato ha scippato un miliardo e 300 milioni di euro all’anno, oltre ai 5 miliardi di euro – frutto di pronunciamenti della Corte Costituzionale favorevoli alla Regione – che il precedente presidente Rosario Crocetta, nel giugno del 2014, ha pensato bene di regalare a Roma.

La nuova classe politica che dirigerà la Sicilia dovrà tentare di acquisire prestigio e reputazione per esercitare la doverosa pressione sul prossimo governo nazionale, affinché decida di trasferire al Sud adeguate risorse, in modo da diminuire l’enorme gap infrastrutturale e creare le condizioni perché arrivino investimenti nazionali ed esteri.

Un’impresa complicata che la nuova classe dirigente regionale dovrà affrontare, semprechè avrà capacità e competenze.

Un altro problema che dovranno affrontare il futuro presidente e la maggioranza sarà quello di riformare da cima a fondo la pubblica amministrazione regionale, tagliando sprechi e privilegi e trasformandola da continuo ostacolo a tutte le attività economiche dell’Isola a motore propulsivo per il sostegno delle stesse.

I siciliani domenica quindi dovranno eleggere una classe politica onesta, capace e competente. Gli eletti dovranno dimostrare di meritarsi quel ruolo che gli verrà attribuito dalla fiducia delegata dai cittadini elettori. Siate quindi all'altezza del compito che vi è stato assegnato. L'ultimo treno sta passando e sarebbe da pazzi lasciarlo deragliare.