“Qualora il contribuente riscontri un errato computo della parte variabile della tassa sui rifiuti effettuato dal Comune o dal soggetto gestore del servizio può chiedere il rimborso del relativo importo in ordine alle annualità a partire dal 2014, anno in cui la Tari è entrata in vigore”.

Il nobile intento della circolare del Ministero del Tesoro è di rimediare a quanto è stato fatto pagare in passato con conteggi errati. Eppure la metodologia proposta è la solita, quella di uno Stato poco serio.

Persone stipendiate hanno eseguito calcoli errati che hanno favorito le casse comunali, ma ora chi deve sistemare le cose è il contribuente che, ancora una volta di più, viene vessato con perdita di tempo e alle volte denaro nel cercare di venir fuori dalla matassa ingarbugliata di moltiplicazioni e metri quadri.

Lo sbaglio è nel calcolo della quota variabile relativa alle pertinenze dell'abitazione. Questa quota conteggia il numero di persone nella casa, ma è stata applicata a ogni locale inerente l’abitazione come box, soffitte, garage e simili. In realtà va calcolata una volta per tutto l’immobile senza moltiplicare la spesa per i singoli occupanti.

Già l'errore sembra di per sé grossolano, ma sorgono spontanei, a chi ci ragiona un attimo, dei perché importanti.

Perché l'onere del conteggio non è deputato a chi ha commesso l'errore?

Perché il cittadino deve fare dei calcoli che non gli è dovuto conoscere e poi, nel caso in cui non li abbia sbagliati, debba essere sempre lui a compilare le richieste di rimborso?

E le eventuali file agli sportelli?

E il tempo perso?

E i soldi della raccomandata?

E chi è troppo anziano e non ha la possibilità o la capacità di effettuare quanto richiesto?

Senza tener conto che la mancata disponibilità di denaro al momento dell'esborso della tassa, non a tutti, ma sicuramente ad alcuni ha recato danno. Quella fattura di luce o di gas la si poteva pagare evitando ritardi, o chissà quale rinuncia ha dovuto fare chi non naviga in acque economicamente serene per pagare una tassa non dovuta.

Non ci si può preoccupare di queste inezie

L'errore è stato fatto per anni, ma riconosciuto solo dal 2014, quindi un bel po' di denaro è stato trattenuto indebitamente, ma ormai transeat quel che è stato è stato.

Già di per sé subire una simile ingiustizia dallo Stato non dovrebbe essere tollerato, ma sopportare anche il dover far di conto, fare la richiesta e superare altre barriere burocratiche infinite per ottenere ciò che non solo ci spetta, ma che ci è stato tolto indebitamente a pena di multe e more dovrebbe far indignare.

Invece eccoci qua, tutti in fila allo sportello a chiedere delucidazioni, con la speranza di recuperare qualche euro che potrà essere utile in vista del Natale.

Ma non basta, c'è anche un'altra clausola per ottenere il denaro sottratto indebitamente al contribuente fiducioso: è necessario inviare al Comune (o al gestore) una raccomandata con ricevuta di ritorno (o una Posta Elettronica Certificata - PEC), richiedendo il rimborso entro e non oltre 30 giorni.

Chi non fa domanda entro i termini non otterrà nulla e perderà per sempre il diritto di ricevere indietro quanto pagato in più.

Ciò che è stato versato per un'errata richiesta dovrebbe essere restituito senza obblighi, ma anzi con tante scuse. In Italia, tuttavia, si sa che gli ingranaggi burocratici spesso operano con ignoti e misteriosi metodi.