Lui è Marcel Desailly, grande campione francese, oggi 45enne, che giocò nel Milan dal 1993 al 1998, conquistando con la squadra rossonera una Champions League e due scudetti: la sua intervista confessione, rilasciata al mensile francese di attualità e cultura calcistica "So Foot", non mancherà di essere oggetto di polemiche nei prossimi giorni.

L'ex Campione del Mondo ha parlato di quel Milan, del rapporto che aveva con lo spogliatoio e con l'allenatore dell'epoca, Fabio Capello, ma soprattutto ha confessato i temi dei discorsi privati che il Presidente Silvio Berlusconi faceva ai giocatori e all'entourage rossonero.

Desailly ha affermato che l'ex Premier arrivava a Milanello con l'elicottero, diceva che non aveva nulla da dire ma poi parlava per tre quarti d'ora di seguito: se era entrato in politica, era "per salvare sè stesso, e non certo l'Italia, e per garantire un futuro ai nostri figli", ha raccontato l'ex difensore rossonero.

Silvio Berlusconi era convinto che Agnelli volesse rovinargli la vita e che ha dovuto intraprendere la carriera politica proprio per tutelare e proteggere le proprie aziende dall'ingerenza della famiglia torinese, proprietaria della Fiat.

L'ex calciatore del Milan continua, affermando che la politica dovrebbe rimanere al di fuori dello sport e, invece, nell'ambiente rossonero fu esattamente il contrario: basta ricordare gli arrivi di Rui Costa (2001) e di Ronaldinho (2008) coincisi con le elezioni politiche di quegli anni.

La politica ha finito per influenzare la vita di diversi giocatori che hanno militato nel Milan: da Kakhaber Kaladze, attuale ministro dell'Energia in Georgia ad Andry Shevchenko, che ha creato un partito ("Avanti Ucraina") senza riuscire però ad entrare nel parlamento ucraino per arrivare a George Weah che, nel 2005, si è candidato persino quale presidente della Liberia.