Si fa sempre più delicata la posizione del Ministro Cancellieri sul caso Ligresti; nell’interrogatorio avvenuto il 22 agosto scorso, la Cancellieri asseriva di aver ricevuto una telefonata da Antonio Ligresti, vecchio amico di famiglia preoccupato per le condizioni di salute della nipote Giulia, detenuta dal 17 luglio insieme al padre e alla sorella nel carcere di Vercelli.



La telefonata, avvenuta tre giorni prima, il 19 agosto, non è però partita dal cellulare di Ligresti - come asserito dalla Guardasigilli - bensì da quello del Ministro, cosa che da ben altro tono alla telefonata stessa; dai tabulati risulta inoltre che non solo il Ministro ma anche il marito, Sebastiano Peluso, avrebbe telefonato più volte ad Antonio Ligresti, esattamente sei durante i giorni decisivi ai fini della scarcerazione di Giulia Ligresti.





La tesi della solidarietà verso una famiglia con la quale si ha un rapporto di amicizia e che vive un momento di difficoltà viene dunque a cadere, considerato il fitto scambio di telefonate che ha coinvolto le due famiglie (nove in un mese, due la settimana), spropositato rispetto all’esplicitare semplice vicinanza in un momento critico.



La vicenda è ormai nota a tutti, con la procedura accelerata (e per questo finita nel mirino delle Autorità) che ha portato alla scarcerazione della Ligresti lo scoro 19 settembre; al di là di quale sarà l’epilogo della vicenda (il prossimo mercoledì la Guardasigilli affronterà il voto in aula) sembrerebbe già palesarsi un’ipotesi di reato per il Ministro, che avrebbe comunque rilasciato falsa testimonianza.





La vicenda non fa che compromettere ulteriormente la credibilità di una classe politica continuamente bersagliata da ondate di disapprovazione connesse a comportamenti poco trasparenti e spesso agganciati ad interessi personali, cioè diametralmente opposti a quelli cui dovrebbe naturalmente tendere la politica (ovvero sia il perseguimento del bene comune).





Non è di certo come rilasciare dichiarazioni false ad un pm (cosa comunque da accertare nei tempi e modi dovuti), ma anche “le fesserie” che ha recentemente ammesso di aver detto in sede di campagna elettorale l’ex esponente del M5S Antonio Venturino (intervistato da Giulio Golia nel corso di un servizio del programma Mediaset ‘Le Iene’), contribuiscono a non gettare acqua sul fuoco divampato a livello globale in questi giorni; il rischio concreto è che la classe politica italiana perda di credibilità più di quanto non sia già accaduto in passato.