Nella giornata di ieri, 10 dicembre,mentre in l'Italia si discuteva sul 'day after' dell'elezione diRenzi alla guida del Pd e della prostesta sostenuta dal movimento deiForconi, nell'aula del Senato si parlava di un pilastro di ognieconomia 'vincente'; il rapporto tra politica e ricerca scientifica.

Scienza e politica sono due termini che infatti sono spesso incontatto, due realtà, dato lo sviluppo tecnologico della società,di fatto intrecciate e inseparabili, come dimostrano anche i tanti'casi' affrontati nelle aule istituzionali come l'attuale 'casoVannoni', o il voto dei Deputati sulla diffusione degli OGM o lalegge sulla sperimentazione animale, ecc...

Organizzato dallaCommissione Sanità del Senato, l'incontro si è svolto alla presenzadel presidente della Repubblica Napolitano e del presidente delSenato, Pietro Grasso, affrontando temi di stretta attualitàscientifica, come la ricerca biomedica e quella delle scienzefisiche, gli investimenti in ricerca, fino alla questione piùgenerale del rapporto tra cultura umanistica e cultura scientifica,tra scienza e libertà.

Armando Massarenti, giornalista per ilSole24Ore, e Marco Cattaneo, direttore di Le Scienze, si sonopreoccupati di coordinare l'evento insieme alle più alte carichedello Stato, e come spiega Massarenti per i suoi lettori, lo scopodell'incontro, che sarà il primo di una serie, è anzitutto"ripristinare un utile dialogo tra il mondo della culturascientifica, da cui derivano le competenze tecniche necessarie, e ilmondo della politica, che esercita il governo attraverso larappresentanza".

Sì, perchè il vero problema in Italia non èla qualità della ricerca scientifica, come dimostra il recentepremio della rivista di scienze Nature conferito a tre grandi guidedella ricerca italiana, o la 'conquista' dello spazio del nostro LucaParmitano, ma la sua stessa 'gestione', troppo spesso lacunosa,indifferente, una realtà, dunque, che non può non mettere sultavolo degli imputati l'intero establishment istituzionale.

In questosenso un aiuto può arrivare dall'imminente riforma del cd.bicameralismo perfetto, una prassi costituzionale adottata dai nostri Padri Costituenti, che oggi, tuttavia, sta dimostrando la suaincompatibilità con la velocità della nostra realtà, coinvolgendoquindi anche aspetti squisitamente gestionali della ricercascientifica; all'interno della discussione si è avanzata, infatti,l'ipotesi secondo la quale il Senato diventi "luogo delleindagini conoscitive, del controllo dei fatti e del monitoraggio deisaperi che permettono all'intero assetto istituzionale di agire consaggezza e lungimiranza".

Ma come sostenuto da più parti, sideve fare presto: la competizione internazionale non ammette infattiritardi ed oggi arrivare prima degli altri nell'acquisizione deibrevetti può rappresentare il vero, e forse unico, motore dellacrescita delle nazioni. Bisogna sopratutto invertire la rotta,spiegono i ricercatori, e il mondo istituzionale deve ritornare adinvestire nella ricerca scientifica per non perdere ulteriore terrenonella competizione, ed arrestare, inoltre, l'emorragia di giovanilaureati che vanno ad arricchire il bagaglio di conoscenze di paesistranieri.

L'Italia infatti investe circa il 50% in meno della mediaUe in ricerca e sviluppo, ed ha solo 3,4 ricercatori ogni 1000persone, metà della media Ue.

Il Paese, spiega Elisabetta Dejana,ricercatrice Ifom dell'università degli Studi di Milano, "nonsolo non guadagna perché non investe, ma perde due volte: si formanogiovani, spendendo circa 270mila euro dalla scuola primaria alla finedel percorso di ricerca, poi lasciano il Paese (circa 2000 negliultimi anni) per poter lavorare più velocemente, senza essereoppressi dalla burocrazia".

Secondo i dati dell'European ResearchCouncil, il 40% dei ricercatori italiani che negli ultimi anni hannovinto dei premi, è andato a lavorare all'estero. “I miglioricampioni vanno dove possono lavorare al meglio", concludeamaramente Dejana. L'augurio è che il mondo istituzionale almeno sene accorga.