Matteo Renzi, da nuovo segretario del PD, torna da Fabio Fazio a continuare la sua opera di demolizione di quello che lui definisce il "vecchio" schema del fare politica.

Ci prova non tanto con l'utilizzo del mezzo televisivo, quanto nei modi (verbali e non) di esporre il proprio pensiero, anche sui temi più delicati, forse esagerando con l'uso delle battute (che tanto piacevano anche a Berlusconi...).

Non si può negare che Renzi non tenti di esporre il senso concreto di una progettualità che in molti, compreso chi scrive, trovano ancora difficoltà a riconoscergli; certo non è stato un bell'inizio, per un esponente del PD, dire che la legge Fornero va bene così com'è, salvo poi rinfacciare ad Alfano di averla votata (e se lui faceva il sindaco a Firenze...il PD dov'era ?).

Altrettanto poco esaltante, stando alle prime indiscrezioni, il contenuto del Job Act (che Fazio opportunamente ribattezza Piano Lavoro). Chi segue il tema da qualche anno, vi legge una "rinfrescata" di un vecchio programma che Pietro Ichino lanciò ancor prima di traslocare da Monti & co., pieno di tesi che, lette da sinistra, contengono tanti elementi di deregulation a favore delle imprese e molte rinunce a diritti dei lavoratori.

Che davvero queste regole possano servire a sbloccare il mercato del lavoro è un po' una scommessa che, però, Renzi sembra proporre quasi nell'ottica del "meglio l'uovo oggi", confidando in una ripresa che, nelle sue aspettative, amplificherebbe il risultato rivendicabile.

Non sembra casuale, a tal proposito, l'insistenza sul fatto che, non abbattendo certi presunti paletti, gli investitori esteri rimarrebbero alla finestra, continuando a penalizzare l'Italia.

L'aspetto politicamente più rilevante dell'intervista, però, sta nel riconoscimento delle ragioni del Movimento 5 stelle nell'attacco al decreto Salva Roma, nella parte in cui un subdolo emendamento prova a non penalizzare i proprietari dei palazzi affittati alle principali istituzioni romane.

Non capita spesso sentire il segretario di un partito di governo dare così esplicitamente ragione ad un oppositore del peso del M5S.

Lo stesso Renzi, peraltro, come già fatto per la storia del finanziamento pubblico ai partiti, coglie l'occasione per lanciare una palla nel campo avverso, invitando i grillini a "giocare" insieme la partita dell'abbattimento da 1 miliardo dei costi della politica, rinunciando ad una posizione sterilmente denegatoria di qualsiasi collaborazione.



Chissà che, a fronte di tanta insistenza, Grillo & co. non decidano di andare a vedere le carte di Renzi. Potrebbe essere una grande prova di senso di responsabilità del movimento: d'altronde, un fallimento potrebbe essere sempre addebitato a chi l'idea l'ha avuta, mentre un successo potrebbe comunque essere rivendicato da chi, senza il suo appoggio, non l'avrebbe reso possibile.

I tempi per leggere questo nuovo capitolo non saranno tanto lunghi, considerate anche le scadenze ravvicinate che lo stesso Renzi ha ribadito ieri sera.