Dopo il recente summit Renzi-Berlusconi, sembra delinearsi una reale proposta circa la riforma della legge elettorale, che coinvolgerebbe il PD e Forza Italia, due dei principali partiti in termini di consenso secondo gli attuali sondaggi.

La proposta prevede un premio di maggioranza alla coalizione che abbia ottenuto più voti, e comunque sopra il 35%, salvo ricorrere ad un doppio turno di votazioni fra le prime due coalizioni, in caso tale soglia non venga raggiunta. Vi sono poi gli sbarramenti per i partiti minori, al 5% per partiti in coalizione e 8% per partiti che si presentano soli non coalizzati. Le liste dei deputati sarebbero comunque bloccate e quindi presentate dai partiti come nell'attuale sistema.



L'obiettivo, secondo Renzi, sarebbe quello di garantire stabilità al governo del paese, attraverso l'attribuzione di un premio di maggioranza, che consentirebbe alla coalizione vincente, una maggioranza di circa il 55% dei seggi e di consentire, grazie all'eventuale doppio turno, una sana alternanza fra le due principali coalizioni.

La disfunzione è però insita nella proposta stessa. Si parla ancora di coalizioni, il che sta a significare che più partiti determinerebbero la possibile vita di un potenziale governo, rendendolo quindi ancora condizionato alle loro volontà. Pena la inevitabile caduta del governo.



Ciò che però sembra essere più in contrasto con l'attuale sistema, che come ben sappiamo è decaduto per sentenza della Corte Costituzionale, è la conferma dei cosiddetti "listini bloccati", ossia i nomi dei parlamentari presentati direttamente dai partiti e sottratti di fatto alla scelta della volontà popolare.

Ci chiediamo pertanto se abbia senso promuovere una riforma della legge elettorale che di fatto non risolve i problemi che l'attuale ha ampiamente dimostrato di produrre.