Si scrive abolizione delle province, ma si legge riordino o riorganizzazione delle province. Questo perché il ddl Delrio non abolisce gli enti intermedi, ma si limita a cancellarne alcuni, a sostituirne altri e a modificare il modo in cui questi verranno gestiti. Mentre il ddl si appresta a venire approvato al Senato attraverso un voto di fiducia - ma dovrà poi tornare alla Camera in seconda battuta visto che sono state apportate delle modifiche - ecco che cosa cambia e quali sono le ultime notizie a riguardo.

L'abolizione delle province vera e propria riguarderà solo una decina di questi enti intermedi, che saranno sostituiti dalle città metropolitane.

Si tratta quindi delle province più importanti in Italia, che saranno guidate - fino a che non sarà deciso diversamente - dal sindaco del loro capoluogo e che avranno in giunta diversi consiglieri comunali.

L'abolizione delle province diventa invece un riordino nel caso delle altre province, quelle che non saranno eliminate, ma solo riorganizzate. I consigli provinciali saranno quindi composti da sindaci e consiglieri comunali - che saranno eletti con un sistema elettorale che si baserà sul numero di abitanti dei vari comuni - e che svolgeranno comunque funzioni diverse da quelle attuali, arrivando a quello che sarà un progressivo e graduale svuotamento delle funzioni in favore delle città metropolitane e di quello che si chiamerà consorzio dei comuni.

L'abolizione delle province dovrebbe portare a una riduzione di 5mila cariche politiche e a un risparmio che secondo Delrio è di due miliardi di euro, secondo i calcoli della Corte dei Conti potrebbe di poche centinaia di milioni di euro. In tutto questo, la maggioranza è appesa a un filo, mentre il Movimento 5 Stelle propone di abolire le province attraverso una riforma costituzionale che, semplicemente, tolga la parola "province" dalla Costituzione. Ma forse, così, troppe questioni resterebbero in sospeso e il rischio caos andrebbe alle stelle.