Il fallimento di Chill Post, azienda che operava nel settore della distribuzione dei giornali, fallita nel 2013, è alla base dell'inchiesta che coinvolge Tiziano Renzi, padre del Presidente del Consiglio e segretario del Pd Matteo. Il curatore fallimentare avrebbe notato operazioni sospette e l'inchiesta è seguita dal Pubblico Ministero Marco Ayroldi e dal procuratore aggiunto Nicola Piacente. Oltre al padre di Renzi, il presunto reato di bancarotta riguarda anche altre tre persone, tutte e tre amministratori della società.



L'azienda in passato è stata anche guidata dal premier, che ha ceduto le quote prima di diventare Presidente della Provincia di Firenze.

Alla base dell'inchiesta ci sarebbe una questione riguardante dei debiti non pagati, ma per molti la sensazione che i termini e le modalità siano fortemente riconducibili al dibattito sulla riforma della giustizia.



In Italia chi "tocca i fili della magistratura muore" ed è lungo l'elenco di leader politici che hanno avuto problemi con la giustizia dopo aver paventato una ipotesi di riforma. E, sembrano studiati a tavolino i tempi. L'inchiesta, infatti, è partita nel 2013 ma solo tre giorni fa Tiziano Renzi ha ricevuto l'avviso di garanzia. L'indagine era già stata raccontata diverse settimane fa da Fatto Quotidiano e da Libero, e nella modalità in cui si è concretizzato l'avviso di garanzia solleva diversi dubbi.





Il sistema giudiziario italiano non è adeguato ad un Paese europeo che deve tornare ad essere protagonista credibile nello scenario europeo e l'auspicio di molti italiani, è che Matteo Renzi continui sulla strada della riforma della giustizia che, oltre a riguardare i tempi della giustizia, deve coinvolgere il sistema carcerario e la giustizia civile e penale.

Capitolo a parte meritano le intercettazioni telefoniche che da anni sollevano polveroni per la fuoriuscita dalle procure e che spesso anche senza alcun risvolto penale finiscono alle agenzie di stampa e ai quotidiani, danneggiando quasi sempre i protagonisti.