Il terzo governo tecnico Renzi sta lavorando in questi giorni sulla riforma del Lavoro e dell'art 18, e più volte stanno cercando di tagliare i vitalizi e gli stipendi della casta, tuttavia gli stessi provvedimenti sono sempre stati insabbiati e arenati nei corridoi dei palazzi del potere, e ad oggi ecco la lunga lista dei condannati invia definitiva che prendono la pensione dallo stesso Stato che li ha condannati per concorso esterno in associazione mafiosa, corruzione in atti giudiziari, e/o ricettazione.

Nonostante la grave crisi economica e la promessa di rilanciare l'economia con il TFR in busta paga, il governo continua a pagare i vitalizi d'oro agli ex onorevoli condannati in via definitiva di ogni legislatura, nella lista resa nota dal Fatto Quotidiano ci sono Claudio Martelli, condannato per le maxi tangenti Enimont, che prende ogni mese circa 5 mila euro di pensione, oppure Gianstefano Frigerio, classe del 39 condannato per corruzione e concussione a 3 anni e 9 mesi, che prende circa 2.000 euro di pensione.

A seguire Gianni De Michelis e Paolo Cimino Pomicino con 5.500 euro circa, Marcello Dell'Utri con quasi 5 mila euro, Cesare Previti con 4200 euro, Vito Bonsignore con 3100 euro, Galvagno Giorgio con 1500 euro, Giulio Camber con 6500 euro, Aldo Brancher con 3400 euro, Arnaldo Forlani con 6000 euro, Francesco De Lorenzo con 4000 euro, Renato Altissimo con 5200 euro, Enzo Carra con 4000 euro, Gianpaolo Pillitteri con 3000 euro.

Tuttavia nella manovra economica tuttora in corso in queste ore in parlamento hanno approvato la deroga a tetti degli stipendi dei vertici della Pubblica Amministrazione avvalendosi del comma 3 dell'articolo 23 che recita sibillino: "Con decreto del presidente del Consiglio dei ministri possono essere previste deroghe motivate per le posizioni apicali delle rispettive amministrazioni ed è stabilito un limite massimo a titolo di rimborso spese".

Dunque chi ricopre il doppio incarico non può percepire due stipendi ma soltanto uno più un quarto di quello precedente, tuttavia è arrivata la scappatoia nel decreto "Salva Italia"con il "comma ad personam", in merito alle retribuzioni della Pubblica Amministrazione, secondo cui è possibile ridefinire la retribuzione annua dei ministri che siedono su poltrone di vertici della PA.