La sicurezza apparente nei modi, la personalizzazione di ogni studio fatto da esperti, i toni usati nei confronti dei sindaci sono al centro delle polemiche. Il premier Renzi viene contestato anche da chi ha manifestato appoggio al suo governo, oltre ad una opposizione guidata dal M5S sempre in prima fila quando c'è da contestare. Emergono tre criticità che se non mediate e cavalcate, possono far saltare in aria il governo Renzi; e stavolta manco Napolitano lo potrà salvare in quanto indispettito dallo stallo sulla Consulta che lo ha indotto a fare da sé, molto probabilmente anche pentito di aver consentito la formazione di una strana alleanza che sta paralizzando l'Italia.

Berlusconi

Rappresenta forse la prima delle tre criticità che gravano sulla tenuta del governo dell'ex sindaco di Firenze. Il Cavaliere sta cercando di riorganizzarsi e medita un rilancio di Forza Italia attraverso la preparazione di un congresso che parli alla gente, con l'obiettivo dichiarato di recuperare almeno il 50% dei consensi degli astenuti delle elezioni europee. Sa bene, come del resto gli stessi attivisti del M5S, che gli italiani non guardano più la televisione e non leggono nemmeno i giornali. Giudicano i politici inconcludenti, inutili, dannosi e tutti uguali.

Il tema principale che ha in animo di trattare riguarda i 144 parlamentari presenti alla Camera che sono stati dichiarati incostituzionali dalla Corte Costituzionale.

L'altra freccia all'arco dell'ex premier è quella della deriva giustizialista che sta prendendo piede in Italia, cruccio storico per lui che ha avuto da misurarsi coi tribunali, con la quale ottenere un consenso tale da garantirgli di governare da solo con Forza Italia.

Lo scontento interno

All'interno dello stesso partito di Renzi aumenta lo scontento come dimostra la polemica partita dalle dichiarazioni di Stefano Fassina.

Le casse del Pd languono e non gradisce affatto che siano stati erogati 2 miliardi alla Leopolda di Renzi anziché rimpinguare i conti interni. L'ala anti-renziana di Filippo Civati sta cominciando le manovre per una scissione che riporterebbe il Pd al punto di partenza, a quel 21% dell'ultimo Bersani che non ebbe il carisma necessario per governare perdendo tutte le posizioni guadagnate durante il governo Berlusconi.

Già il fatto che il Def sia passato per un solo voto da l'idea di quanto stia scricchiolando l'asse storico del Pd.

Lo scetticismo europeo

E' qui che emerge la terza criticità, quando cioè si analizza l'intervista rilasciata a Bloomberg dal commissario agli Affari economici Olli Rehn. Il messaggio suona sinistro per il governo italiano perché nella sostanza viene detto che non basta un taglietto dello 0,1% a riguadagnare la stima europea. Se Bruxelles respingesse la Legge di Stabilità per il governo Renzi, orfano dell'appoggio di un presidente della Repubblica stanco delle prepotenze e dei personalismi di un premier arrogante, le cose si complicherebbero maledettamente. Ed il ritorno alle urne diventerebbe realtà.