A Hong Kong da giorni il movimento di Occupy Central è sceso in piazza, per le strade, nei palazzi per guadagnarsi la democraziaOccupy Central mina gli interessi politici ed economici della Cina. Sono organizzati, decisi e compatti nella loro protesta. Hanno invaso le strade e hanno invaso i social network. Il governo centrale ha risposto con i lacrimogeni per le strade e con la censura sui social network in patria. Ma il movimento di Occupy Central non sembra avere intenzione di fermarsi. E vuole far conoscere al mondo i motivi della sua protesta.

Tramite un blog su Wordpress, infatti, Occupy Central sta diffondendo fra i rivoltosi i suoi messaggi. Su questo blog si possono trovare addirittura il manifesto del movimento e una guida alla disobbedienza civile.

Finchè si rimane sul territorio di Hong Kong, internet, chat, Twitter e Instagram (i due social, fra quelli occidentali, simbolo della protesta) rimangono ancora tranquillamente accessibili. Intasati da migliaia di tweet, hashtag e commenti. Ma pur sempre accessibili. Ma una volta entranti in Cina, varcato il Great Firewall, il sistema di protezione, filtraggio e censura di internet messo in atto dal governo cinese, la situazione cambia. E l'informazione muore. "Il sistema più elaborato per il controllo dei contenuti online del mondo" lo ha definito la Freedom of act.

Qui Instagram è bloccato, Vine funziona a scatti, Sina Weibo, un servizio di microbloggin diffusissimo in Cina, è stato censurato, con migliaia di post riguardanti le agitazioni di Hong Kong cancellati. I cinesi non devono sapere quello che sta succedendo ai loro vicini di casa. Meglio non dare false speranze, correndo il rischio di aizzare la protesta anche dentro le mura di casa, dentro la repubblica popolare cinese.

La censura cinese non è cosa nuova. E Occupy Central lo sa bene. Tanto da mette in atto varie contromosse. Sia a Hong Kong, che dentro le mura cinesi. Fire Chat è una di queste. Ideale per le esigenze di comunicazione a Hong Kong. Fire Chat, infatti, è un servizio di messaggistica istantanea e anonima, che non utilizza la connessione a internet, bensì la connessione bluetooth o wi-fi.

A Hong Kong serve per comunicare anche nei momenti in cui la linea è intasa, serve a non permettere alle autorità di intercettare le comunicazioni dei manifestanti, serve per evitare i disagi creati da un (futuro e possibile) blackout forzato. I messaggi si possono inviare in un raggio d'azione di 70 metri. E qui entra in gioco la cosiddetta mesh network, la rete a maglia. I messaggi rimbalzano da un cellulare all'altro fino ad arrivare a destinazione. Nel pieno stile collaborativo di Occupy CentralFire Chat ha registrato 100mila nuovi utenti in 24 ore.

In Cina, invece, spopola Tor, un network a cipolla, che garantisce l'anonimato a chi lo utilizza. Ma in Cina, per aggirare la censura, vengono utilizzati anche i Vpn, network privati che creano tunnel criptati tra i vari punti rete internet e Haystak, software che nasconde il traffico degli utenti tramite un continuo flusso di richieste, che appaiono, così, pulite.

Esistono anche servizi che permettono di leggere i post censurati. Freeweibo è uno di questi: salva i dati su server Amazon, rendedoli, così, facilmente recuperabili. “Facile seguire ogni evento dal tuo telefono”, scrive Russel Brandom su The Verge, “così si amplifica l’effetto di ogni azione e si fornisce ai dimostranti una voce cruciale. Dato che chiedono maggiori concessioni da parte del governo locale. Quando organizzano un’azione pubblica, possono essere sicuri di attrarre l’attenzione internazionale, poco importa se i media del posto copriranno la notizia oppure no”. Occupy Central se le sta inventando tutte per far conoscere al mondo le sue richieste e alla Cina la sua esistenza. Ma basterà per aggirare la censura mediatica della repubblica popolare cinese?