"Il Jobs Act enterà in vigore dal 1° gennaio 2015". E' questo l'ultimo annuncio del presidente del Consiglio Matteo Renzi, maturato al termine della Direzione del PD nella quale è stata raggiunta un'intesa con la sinistra del partito in cambio di un atteggiamento più conciliante durante il dibattito sul provvedimento alla Camera e al Senato.

Nel giorno in cui la CGIL e la Fiom inaugurano una serie di agitazioni contro il Jobs Act, che culmineranno con lo sciopero generale del 5 dicembre, il presidente del consiglio impone all'iter della legge un'accelerazione probabilmente decisiva, anche a costo di alcune concessioni alla minoranza del partito.

JOBS ACT E ARTICOLO 18, COSA CAMBIA PER I LICENZIAMENTO

Oggetto principale dell'accordo intervenuto all'interno del PD riguarda l'articolo 18, la cui abolizione era duramente contestata dalle correnti di Civati e Bersani. In sostanza, una parte dell'articolo 18 rientra dalla finestra, soprattutto in riferimento ai licenziamenti disciplinari dichiarati nulli da un giudice, per i quali sarà previsto il reintegro nel posto di lavoro, ritornando in questo modo all'impianto previsto dalla legge Fornero del 2012. Anche per quanto riguarda i licenziamenti discriminatori, ad esempio per motivi di religione, di razza o di idee politiche, sarà previsto il reintegro. Si dovrà inoltre ricorrere all'indennizzo monetario crescente in base all'anzianità di servizio per i casi di licenziamento economico, dovuto a crisi aziendali.

Tali innovazioni riguarderanno solo i nuovi assunti, mentre per tutti gli altri lavoratori, purché appartenenti ad aziende con più di quindici lavoratori, continuerà ad essere applicato l'articolo 18 nella formulazione attualmente in vigore. Invariata la questione del demansionamento, vale a dire la possibilità da parte dell'azienda in crisi di retrocedere di livello il dipendente, pur senza intaccarne lo stipendio.

IL PERCORSO PARLAMENTARE DEL JOBS ACT

Le modifiche concordate, dovrebbero spianare la strada dell'iter parlamentare del Jobs Act, nonostante le proteste degli alleati di governo, NCD e Forza Italia in primis, che paventano il rischio di rimanere esclusi dal processo decisionale, oltre che vedere snaturato un progetto di legge considerato finora una bandiera del centro-destra.

Il nuovo testo dovrà essere portato in aula entro il 21 novembre prossimo per arrivare al voto entro il 26, visto che dal 27 in poi il parlamento dovrà obbligatoriamente occuparsi della legge di Stabilità. Successivamente, il testo passerà al Senato per arrivare alla definitiva approvazione entro la fine dell'anno. Nel caso in cui le modifiche concordate all'interno della direzione Pd non siano sufficienti a garantire un cammino lineare al Jobs Act modificato, sarà la sua blindatura della richiesta di fiducia a garantirne l'approvazione entro i tempi previsti.