Le elezioni greche si avvicinano; domenica 25 gennaio il popolo ellenico deciderà se continuare con Samaras e la strada dell'austerity che ha portato comunque a dei risultati (quest'anno per la prima volta l'economia greca avrà il segno più) oppure preparare la svolta con il leader del partito di sinistra Syriza Alexis Tsipras- già protagonista anche in Italia delle elezioni europee di giugno- che in questi giorni ha chiuso la campagna elettorale puntando tutto sul rifiuto delle misure di austerità volute dalla Trojka che hanno penalizzato il benessere dei cittadini portando la disoccupazione abbondantemente sopra il 20% e riducendo in modo sensibile il tenore di vita rispetto ai livelli pre-crisi.

I sondaggi danno Syriza in una forbice tra il 27 e il 31% dei voti, mentre il partito del premier uscente Samaras, Nea Dimokratia, viene dato tra il 22 e il 28%; c'è ancora un 10% circa di indecisi che in questa tornata elettorale fanno da ago della bilancia, ma è probabile che anche un Tsipras vincente non riuscirebbe da solo a governare il Paese e ha bisogno di alleati, magari ancora più a sinistra come il Partito comunista greco dato al 5%. In realtà tutte le forze di sinistra greche non stanno facendo "gruppo" come ci si aspetterebbe, perché il leader di Syriza viene considerato come un traditore, o comunque come uno che sta cercando un compromesso con i burocrati di Bruxelles, puntando magari ad un altro haircut del debito greco, ossia un taglio del debito come nell'ottobre 2011 e a qualche altra soluzione di compromesso con la Trojka.

Dal canto suo Tsipras ha ribadito anche nell'ultima conferenza stampa che è sua intenzione non rispettare gli accordi presi dal suo predecessore Samaras ribadendo che che la Grecia è disposta a rispettare gli obblighi che le derivano dal far parte dell'Unione, ma che l'austerity non è nei trattati.

I mercati finanziari ad Atene hanno reagito alle elezioni anticipate greche soprattutto agli inizi con un certo isterismo, mentre nel resto d'Europa la paura del contagio non è stata forte come qualche anno fa.

Anche negli ambienti tedeschi più intransigenti non si teme più l'effetto domino sui Paesi più fragili come Italia e Spagna, ed anzi, si considera l'eventuale uscita di Atene dall'euro come una scossa leggera, che certamente non metterà in discussione né il cammino delle riforme, né la stabilità dell'unione monetaria. Draghi dal canto suo, ha affermato ieri in conferenza stampa che la BCE è disposta ad acquistare i titoli greci solo se il futuro governo continuerà con il programma di riforme stabilito con la Trojka e il ministro tedesco Schaeuble è tornato oggi a ribadire questo concetto, mentre Angela Merkel, nel corso della conferenza stampa tenuta stamane dopo l'incontro bilaterale con Renzi, ha invece affermato che bisogna rispettare il voto dell'elettorato e si è detta certa di arrivare ad una soluzione con chiunque vincerà in nome della solidarietà europea. Ma sarà vero?