Il giorno di Capodanno 2015, in Brasile - nella capitale Brasilia - si è insediato il cosiddetto Dilma - bis: ha visto cioè la luce, il secondo Governo della presidente rieletta, Dilma Rousseff. La cerimonia d'insediamento - svoltasi nel palazzo del Congresso - sarà ricordata in primis per lo slogan con cui la lady di ferro verde-oro ha deciso di contrassegnare il suo secondo mandato: «Brasil, pátria Educadora», ossia, "Brasile, patria educatrice". Nell'intervento inaugurale, il capo dello stato ha affermato, infatti, che l'istruzione rappresenterà la priorità del proprio Governo, nei prossimi quattro anni.

Il discorso fatto di parole anche dure contro la corruzione, e l'annuncio che in questo semestre sarà inviato al Parlamento un pacchetto normativo per contrastare il fenomeno.

Pochi leader stranieri

La cerimonia, come del resto avviene da anni, non ha brillato per la partecipazione di capi di stato o delegazioni straniere di alto livello. E se la causa principale consiste nell'"infausta" data d'insediamento - il primo gennaio - un'altra ragione da non trascurare va ricercata nello scarso protagonismo del Brasile nel teatro diplomatico mondiale. Alla scarsa partecipazione internazionale ha però fatto da contraltare una grande mobilitazione dei militanti del Partido dos trabalhadores (Pt) - storica formazione della sinistra brasiliana - affluiti nella Capitale per celebrare la nuova sfida di Rousseff.

Tralasciamo tuttavia la festa, e i tradizionali ventuno colpi a salve di cannone, per descrivere le caratteristiche del Dilma bis.

La nuova Amministrazione

La composizione dell'Esecutivo lascia trasparire una chiara volontà della presidente di accontentare i partiti alleati, senza però rottamare la sua "vecchia guardia": riconferma dunque, per i ministri più apprezzati - o più fedeli alla presidenta - della precedente gestione.

Particolari sensibilità etiche? A prima vista non sembrerebbe. La nuova équipe economica sarà guidata dal ministro dell'Economia Joaquim Levy, ex alto dirigente della banca Bradesco, e storico assertore di una politica ortodossa, in nome dell'austerity monetaria. Una mossa inevitabilmente criticata da molti settori sociali, ma con ogni evidenza finalizzata a calmare i mercati, in un frangente in cui il Paese soffre di un certo deficit di affidabilità finanziaria.

Pochi scossoni si sono registrati invece sul fronte diplomatico, con la designazione dell'ambasciatore Mauro Luiz Iecker Vieira, qual nuovo capo dell'Itamaraty (la Farnesina brasiliana). Dopo avere accennato alla riconferma di Aloízio Mercadante del Pt qual titolare dell'importante dicastero della Casa civil, non ci resta che elencare le nomine più polemiche (almeno secondo i media).

Le polemiche

Un certo malcontento nel suo stesso partito, il Pt, ha provocato la designazione alla Cultura di Juca Ferreira, che paga le inimicizie coltivate negli anni. Tuttavia le polemiche più dirompenti hanno riguardato la designazione del controverso ex sindaco di San Paolo, Gilberto Kassab, alla guida del potente Ministero delle Aree metropolitane, e la nomina di Kátia Abreu - nota fan dell'agri-business - alla testa del dicastero dell'Agricoltura.

Kassab è accusato dai detrattori di scarsa sensibilità sociale e incompetenza, e domina la sensazione che Rousseff abbia semplicemente voluto ricompensarne il cambio di casacca. Scarso entusiasmo ha infine accolto la nomina di George Hilton allo Sport, dato il suo inconsistente curriculum in questo settore.