La Corte Costituzionale ha dichiarato inammissibile il referendum sulla legge Fornero sulle pensioni del 2011, richiesto dalla Lega Nord. La pronuncia della Consulta era, in origine, attesa per mercoledì scorso, ma era stata rimandata ad oggi su specifica istanza della stessa Lega Nord a causa della mancata notifica della data sulla convocazione della camera di consiglio. Una nota della stessa Corte ha fatto sapere che "le motivazioni della bocciatura saranno depositate secondo i termini previsti dalla legge".

Referendum bocciato: la richiesta della Lega Nord

Il referendum sull'abolizione della riforma delle Pensioni voluta dall'ex ministro del governo Monti, Elsa Fornero, era stato richiesto con riferimento specifico all'articolo 24 (Disposizioni in materia di trattamenti pensionistici) del decreto legge 201 del 6 dicembre 2011, quello che ha alzato l'età pensionistica e generato il fenomeno degli esodati. Un'abolizione richiesta dalla Lega Nord attraverso la raccolta delle 500.000 firme richieste dalla legge (primo firmatario Roberto Calderoli) e con la quale il segretario, Matteo Salvini, si proponeva di irrompere politicamente nella discussione sulle riforme, rompendo l'isolamento nel quale è costretta dal patto del Nazareno tra Renzi e Berlusconi.

Il referendum bocciato oggi dalla Corte Costituzionale ha quindi spuntato l'arma politica di Salvini, provocandone una reazione decisamente sopra le righe.

Referendum bocciato: le reazioni politiche

"Vaffa..., questa Italia mi fa schifo", è stato il primo commento del segretario della Lega Nord, che ha in seguito rincarato la dose dai microfoni di Radio Padania, accusando i giudici costituzionali di avere "fottuto un diritto sacrosanto". Un commento sul referendum bocciato è venuto anche dall'autore della legge, l'ex ministro Fornero, che pur considerando positiva la decisione della Corte, apre alla possibilità di una modifica che deve venire da un esame "pacato e lungimirante" del Parlamento.

I promotori del referendum hanno accusato la Corte Costituzionale di aver espresso un giudizio politico, per evitare problemi al governo di Matteo Renzi anche, sostiene il segretario leghista, per la presenza tra i giudici di Giuliano Amato, uno dei favoriti nella corsa alla successione di Napolitano alla Presidenza della Repubblica.