Le critiche ruotano tutte intorno al nodo delle riforme; ad un anno dall'inizio del suo governo, il presidente del consiglio e segretario del Pd Matteo Renzi ha rivendicato l'impegno per cambiare il paese. "Tante cose sono state fatte e l'Italia - ha detto il premier- ha ricominciato a muoversi". Tuttavia quello delle riforme è un cantiere tutto aperto, con una serie di provvedimenti, iniziando dalla modifica della costituzione dell'Italicum, avviati ma non ancora giunti al termine. Quella che ha invece andata a buon fine è la riforma sul lavoro, provocando però una grave frattura interna nel PD.

La minoranza è sul piede di guerra ed ha denunciato Renzi di aver tradito le volontà del parlamento.

"Si è tornati agli anni '50, la riforma di Renzi ha creato una ferita insanabile nel mondo del lavoro italiano ed ha inoltre procurato un danno agli stessi lavoratori" ha affermato Stefano Fassina del Partito Democratico, il quale ha aggiunto anche: "La lotta alla precarietà non la fa il Jobs Act, ma è un'operazione propagandistica; i contratti degli impiegati rimangono tutti, gli ammortizzatori sociali per i precari non vengono estesi, mentre l'unico punto che viene effettivamente colpito è la libertà di licenziamento, per quanto riguarda chi aveva un contratto di lavoro dipendente o chi avrà un contratto di lavoro dipendente".

Ha bacchettato Renzi anche la presidente della camera Laura Boldrini, la quale ha commentato: "Ci sono stati dei pareri non favorevoli delle commissioni e sarebbe stato opportuno tenerli nel dovuto conto. Guai ad un uomo solo al comando, voglio avvertire tutti".

Tuttavia le critiche non hanno affatto scalfito la maggioranza del PD, che ha difeso le scelte del governo.

Filippo Taddei del Partito Democratico ha infatti confermato: "Il governo ha cambiato il mercato del lavoro e l'economia, al fine di sconfiggere la precarietà di una generazione. Ha introdotto il contratto a tutele crescenti per favorire la stabilità, ed ha creato con le liberalizzazioni nuove opportunità di lavoro".