E' stata una vittoria netta e inaspettata quella di Bibi Netanyahu, il primo ministro israeliano uscente, alle elezioni politiche israeliane di ieri.

I suoi appelli in pieno voto, i suoi pressanti inviti all'elettorato ad andare a votare per arginare l'alto numero di arabi-israeliani che martedì ha deciso di recarsi alle urne, hanno evidentemente sortito effetto, tanto da portare il Likud a 30 seggi, solo uno in meno rispetto a quanti ne aveva nella ultima Knesset, il Parlamento israeliano. Una vittoria a tutti gli effetti. Il partito unito degli arabi - nato per aggirare la soglia di sbarramento - ha pure conquistato un notevole risultato: avrà 14 seggi alla Knesset, e sarà dunque il terzo partito. 

Di certo nessuno si aspettava un risultato così positivo per il LIkud, tanto persino i sondaggi delle ultime ore davano per certa una vittoria del più diretto avversario, l'Unione Sionista nata dalla collaborazione tra i laburisti di Isaac Herzog e il partito di Tzipi Livni.

Invece l'Unione Sionista ha conquistato solo 24 seggi.

Livni è stato esponente di spicco del Likud, partito dal quale uscì nel 2005 per fondare con Ariel Sharon il partito centrista Kadima. Nel 2012 ha lasciato anche questo partito per fondare HaTnuah, partito che ha fatto incontrare con i laburisti.

I sondaggi davano per certa una loro vittoria, anche se davano altrettanto per scontata una successiva difficoltà a formare un governo. La Knesset è formata da 120 parlamentari, e per governare ovviamente serve la maggioranza della metà più uno dei suoi membri, in una situazione politica caratterizzata da una frammentazione forse superiore a quella italiana. 

La campagna elettorale dell'Unione Sionista ha puntato molto sulla crisi economica, oltre che sulla promessa di rilancio delle trattative di pace con i palestinesi, fortemente auspicata anche da Barack Obama.

Per questo - scrivono oggi i quotidiani americani - l'Amministrazione Obama ha dovuto riporre le bottiglie di champagne, mentre diversi esponenti Repubblicani - tra cui Jeb Bush e Nick Santorum, possibili candidati alle prossime presidenziali - si sono congratulati con Netanyahu, la cui visita a Washington aveva diviso la politica americana.

Diverso il commento dell'Amministrazione Obama: Washington si è limitata ad intervenire con un portavoce per ricordare che le procedure di formazione di un governo sono lunghe e complesse, e che comunque gli Usa e Israele mantengono una storia di relazioni strette che proseguirà.

Netanyahu ha parlato della necessità di un governo "forte", a difesa della sicurezza e del benessere dei cittadini israeliani, e il riferimento è parso un appello all'Unione Sionista a formare un governo di unità nazionale.



Herzog però risponde di no: in una dichiarazione il leader laburita ha detto che l'opposizione è "l'unica opzione realistica", e che il partito non farà parte di un governo di unità nazionale presieduto da Netanyahu.

Netanyahu ha detto che in due o tre settimane formerà il governo. Probabilmente ci saranno i partiti religiosi (Shas e Torah Unita totalizzano in tutto 13 seggi), il partito del Focolare ebraico di Naftali Bennet, il partito del ministro degli esteri Lieberman ed infine Kulanu, partito nato da una costola dello stesso Likud per volontà di un politico marginalizzato da Netanyahu, Moshe Khalon, al quale già in campagna elettorale Netanyahu ha offerto il posto di ministro delle Finanze.

Un esecutivo che riprenderà alcuni temi già discussi dal precedente, e che certamente non avrà in agenda la questione palestinese.