I sindaci di molte città italiane sono in rivolta a causa dell'approvazione del documento di Economia e finanza che si sta svolgendo in queste ore al consiglio dei ministri. Sono infatti previsti diversi tagli alla spesa pubblica per ulteriori dieci miliardi, ma i sindaci hanno dichiarato: "Siamo sempre noi alla fine a pagare". Domani comunque ci sarà un'altra battaglia tutta interna al Partito Democratico di Matteo Renzi, ossia quella sulla riforma elettorale. I sindaci sono sul piede di guerra ed hanno chiesto impetuosamente a Renzi un incontro urgente prima che il governo tracci le linee guida della manovra.

I primi cittadini hanno affermato: "Il documento di Economia e finanza tiene conto di parametri previsionali e se l'Italia non dovesse crescere secondo le stime finali, saranno i comuni, come ogni anno, a pagarla".

Governo ed amministratori locali, urge muoversi insieme

"Bisognerebbe trovare in concordia, governo ed amministrazione locale, una soluzione anticipata" ha spiegato ai giornalisti durante una lunga intervista, il sindaco di Torino e presidente dell'Associazione Comuni Italiani Piero Fassino. Quest'ultimo ha puntato il dito contro i ministeri, Lì infatti ci sono le responsabilità maggiori della spesa pubblica, perchè i trasferimenti dello stato ai territori sono ormai a zero e la spending review, per i più importanti dicasteri romani, è stato solo un annuncio.

Per il sindaco Fassino si tratta di una vera emergenza: "Ora come ora-dice il sindaco di Torino-gli amministratori locali devono contribuire al risanamento del paese tagliando anche sui servizi essenziali, come i servizi sociali". Tra le proposte sul tavolo del governo, anche eventuali tagli per le neonate città metropolitane, entità che hanno ereditato responsabilità importanti, come la manutenzione di scuole e di strade.

Il sindaco di Roma Igrazio Roberto Maria Marino ha proposto una tassa sui transiti aeroportuali di due euro, da usare per la cura del manto stradale. Ai sindaci non è bastato essere ricevuti a Palazzo Chigi, per discutere di distanziamenti e non di tagli, ma hanno preteso anche una maggiore autonomia. Sempre Fassino ha puntualizzato: "Lo stato stabilisce ogni anno i macro-obiettivi, come realizzarli lo si lasci a noi, siamo stufi di tagli da dirigenti che non hanno amministrato neanche un condominio".

Intanto le truppe del Pd si sono schierate: Renziani da una parte, Bersaniani e compagnia dall'altra. Il terreno dello scontro è quello della riforma della legge elettorale, che domani tornerà in commissione alla Camera. Quì la minoranza dem può contare su un notevole numero di combattenti, che punta a farsi sentire ancor prima di arrivare in aula, da Bersani a Cuperlo, passando poi per Bindi. Renzi è stato chiaro: "Il treno dell'Italicum è destinato ad arrivare al capolinea senza fermate intermedie". Il premier conta di arrivare all'approvazione definitiva entro fine Maggio.