Come primo ministro Alexis Tsipras arranca sempre più per garantire un'ancora di salvezza finanziaria alla Grecia e per mantenere il paese a galla, ma i sostenitori della linea dura del suo partito, cioè quelli della sinistra radicale di Syriza, iniziano a fargli pressione per uscire presto dall'empasse. Tsipras si trova intrappolato fra due fuochi: da un lato deve fare i conti con gli aggressivi creditori europei, dall'altro si trova alle prese con partner di governo ormai irriducibili e infuriati. Il governo ellenico ha le casse quasi a zero e nei prossimi giorni deve far fronte al rimborso di 750 milioni di euro per onorare la restituzione di una rata del prestito al FMI.

La scadenza del termine di pagamento potrebbe significare l'ultimo atto della crisi greca con effetti potenzialmente catastrofici sui mercati internazionali. A questo punto o Tsipras tradisce la propria ideologia per scoraggiare il sempre più probabile default, e quindi rinnegare le promesse fatte al popolo greco che lo ha portato al potere, oppure andrà a fondo e con lui porterà l'intera nazione. Tsipras ha preteso troppo, credeva fosse possibile uscire dalla crisi greca mantenendo corretti rapporti con l'Europa e restando nell'Euro senza che, per questo, si proseguisse oltre con le politiche di austerity. Il leader greco si sta sempre più inabissando nelle acque inesplorate di un probabile distacco dall'euro, ma non per sua scelta, bensì per insolvenza conclamata della Grecia.

Il braccio di ferro protratto tra Atene, UE, BCE e FMI, ha portato Tsipras a questo punto. Fin dall'inizio il governo ellenico ha voluto dimostrare i muscoli, creando aspettative al popolo greco e pensando di trovare la complicità di molti altri paesi convolti anch'essi dalla crisi, come l'Italia, la Francia, la Spagna e il Portogallo.

Eppure si è scontrato contro un muro di cemento, non solo sta perdendo su ogni fronte con la UE, altresì, ha fallito anche nel suo tentativo di smantellare l'ossessione per l'austerity della Germania riuscendo solo ad alienarsi quegli alleati che dava per scontato. Nessun membro UE lo sta sostenendo, colpa dell'adozione da parte della Grecia di una strategia negoziale ostile e di un approccio poco diplomatico nelle trattative.

L'alternativa al default greco è quella di fare concessioni sgradevoli, come la revisione del sistema pensionistico e l'erosione dei diritti dei lavoratori, oltre a prevedere ulteriori tasse su immobili e beni di consumo. Questo ennesimo programma di austerity rischia di frantumare in mille pezzi la già traballante coalizione di governo.

"Se Tsipras firma un altro patto di austerity con la UE, avrà un problema". Lo ha dichiarato in un'intervista il ministro della Salute Panagiotis Kouroumblis, aggiungendo che: "Ovunque vada la gente mi si avvicina e mi incita a 'non cedere'. È questo ciò che dobbiamo fare".

Costas Lapavitsas, professore di economia all'Università di Londra e appartenente alla fazione di estrema sinistra di Syriza, ha ribadito che: "Una 'rottura' sarebbe meglio che firmare un accordo che si discosta così drasticamente dalla filosofia della sinistra.

Inoltre, non vedo come si possa trovare un accordo con gli stessi soggetti che hanno ridotto la Grecia a quello che è ora".

La sinistra radicale chiede a Tsipras un atto di coraggio e coerenza rispetto al programma elettorale che li ha fatti vincere, per cui lo avvisano: l'alternativa potrebbe comportare una catastrofe, anche ben al di là di un 'semplice' default.