"Quanto è accaduto non è soltanto l'esito di una campagna per il sì o per il no, ma attesta un fenomeno molto più profondo, una rivoluzione culturale". Ad affermarlo è Diarmuid Martin, l'arcivescovo di Dublino, in un'intervista alla tv nazionale irlandese. "Questo enorme cambiamento - ha avvertito l'alto prelato - porterà effetti concreti ancora imprevedibili, perché il matrimonio in chiesa è anche un rito civile e le coppie gay che se lo vedranno rifiutare potrebbero ricorrere ai giudici accusandoci di discriminazione". "La Chiesa - ha osservato Martin - deve chiedersi quando è cominciata questa rivoluzione culturale e perché alcuni hanno rifiutato di coglierla.

È necessario anche rivedere la pastorale giovanile: il referendum è stato vinto soprattutto grazie al voto dei giovani e il novanta per cento dei giovani che hanno votato sì ha frequentato scuole cattoliche".

Sulla questione è intervenuto anche l'Avvenire, il quotidiano dei vescovi italiani diretto da Marco Tarquinio. Secondo il giornale, a pesare sull'esito del referendum, è stato "l'abisso dello scandalo della pedofilia" che ha travolto recentemente l'Irlanda e sul quale Benedetto XVI "pretese fosse fatta piena luce garantendo il massimo della collaborazione con le autorità civili". Una chiave di lettura che si discosta, invece, dall'altro quotidiano di riferimento della Santa Sede, l'Osservatore Romano: "Nessun anatema, piuttosto una sfida da raccogliere per tutta la Chiesa".