Quella di ieri è stata una giornata concitata per il premier Matteo Renzi, ancora alle prese con i dissidi interni alla sua coalizione, oltre che per i numerosi problemi economici del paese. Durante la Direzione nazionale del partito, dove inizialmente avrebbe voluto ricucire gli strappi, si è ritrovato a doversi destreggiare tra chi lo accusava dell'insuccesso delle elezioni amministrative appena avvenute, sostenendo che per analizzare il voto serve un'analisi seria, forte del fatto che il partito governa 17 regioni su 20, e le contestazioni che intanto fuori dal Nazareno facevano sentire le loro voci, con i docenti che chiedevano che il disegno di legge sulla riforma della scuola fosse ritirato.

Cercando di ritrovare l'unità, attacca con forza chi la coesione cerca di minarla, dichiarando che al posto delle inutili discussioni fini a se stesse servirebbe più coraggio e meno polemiche. Il premier non accetta rimproveri sull'unità del partito, asserendo che il paese ha bisogno di una classe dirigente che non perda tempo su cosa o come votare, riferendosi alla presa di posizione di Gianni Pastorino, che alle elezioni amministrative si è candidato fuori dal partito forte del sostegno di Pippo Civati, ex democratico, asserendo che queste scelte non appartengono al futuro del partito stesso e sono fuori dalla sua logica.

Un'altra stoccata la lancia nei confronti della nuova iniziativa politica di Maurizio Landini, segretario nazionale della Fiom, che con "Coesione Sociale" cerca di spostare l'asse del consenso indebolendo ulteriormente l'unità interna.

Accusa il sindacalista di fare pura demagogia e asserisce che il nuovo movimento è destinato alla sconfitta non solo elettorale ma anche sul piano pratico. Secondo Renzi, Landini cerca di accaparrarsi il favore delle masse attraverso le tante apparizioni in televisione, che ironicamente quantifica come superiori numericamente agli operai in sciopero nello stabilimento di Pomigliano.

Continua il suo intervento ribattendo alle recenti critiche ricevute da Stefano Rodotà, che l'ha accusato di fare del "garantismo peloso", sulla vicenda del nuovo governatore eletto della Campania Vincenzo De Luca. Come risposta nomina l'articolo 27 della costituzione, secondo il quale ogni persona deve essere considerata innocente fino al terzo grado di giudizio, e accusandolo di intendersi di "Prima Repubblica", che con le sue numerose inchieste giudiziarie sulla classe politica è stata una pagina nera del nostro paese.

Intanto fuori decine di docenti chiedono di incontrare il premier, per portare dentro il nazareno, la protesta sulla riforma della scuola, dichiarando di essere pronti alla raccolta firme per un referendum abrogativo, e accogliendo con cori e fischi di disapprovazione i politici che arrivano in sede per partecipare alla riunione, da Piero Fassino a Roberto Speranza e Stefano Fassina.

Renzi è forte dei numeri della sua maggioranza, grazie ai quali volendo potrebbe far approvare dall'aula la riforma della scuola già dalla mattina successiva, anche se preferisce lasciare una porta aperta al dialogo confermandone l'importanza e dichiarandosi pronto a concedere altro tempo per discutere. Agli esclusi dal piano delle 100mila assunzioni dei precari nella scuola, dice che la riforma è fatta per i giovani e non va considerata come un ammortizzatore sociale.

In molti lo accusano che la sua propensione al dialogo sia invalidata dai tempi brevi e dai limitati margini di manovra. Adesso non resta che attendere le repliche dei diretti interessati da lui chiamati in causa, che sicuramente arriveranno numerose.