Nelle ultime tre precedenti elezioni il partito AKP, il cui leader è il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, ha stravinto ottenendo la maggioranza assoluta per governare in tranquillità, mentre oggi questa opzione non è più possibile. Secondo i risultati preliminari, forniti dalle televisioni turche, il partito AKP di Erdogan ha sì vinto le elezioni, ma ottenendo "solo" il 43,5% dei voti e 265 seggi, dato ancora provvisorio sulla base dello scrutinio del 70% delle schede. In base a questi risultati preliminari, il partito CHP, socialdemocratico, risulterebbe il secondo movimento politico più votato con circa il 24,4% dei voti e 120 seggi, seguito dal Partito di azione MHP, cioè l'estrema destra nazionalista turca, con il 17% dei voti.

Fino a quando non sarà terminato il conteggio ufficiale sarà difficile fare stime sulla composizione del nuovo Parlamento della Turchia, quel che si sa con certezza è che il partito HDP, la sinistra filo-curda in forte opposizione a Erdogan, ha superato comunque la barriera elettorale del 10% a livello nazionale, condizione essenziale per una rappresentanza parlamentare. Secondo le proiezioni la formazione curda ha ottenuto il 10,6% che corrisponde a circa 70 parlamentari, ma la sua percentuale può variare in modo significativo a seconda delle sezioni di molte provincie che ancora devono essere scrutinate.

Le elezioni in Turchia

Queste elezioni vanno considerate come cruciali per la Turchia, in quanto dal risultato ottenuto dal partito AKP, che governa la Turchia dal 2002, dipenderà il futuro del suo leader e altrettanto controverso presidente Erdogan, che ha dichiarato la sua intenzione di modificare la Costituzione e cambiare il sistema parlamentare attuale trasformandolo a uno presidenziale sotto la sua guida.

Per realizzare questa riforma serve un referendum e gli islamisti moderati dell'AKP hanno bisogno di controllare più di tre quinti della camera, vale a dire 330 posti, cosa che allo stato attuale sembra non sia per nulla attuabile.

La polarizzazione politica, voluta da un crescente autoritarismo estremo perpetrato dalla politica posta in essere da Erdogan e dall'AKP, ha portato a una campagna elettorale molto violenta in cui si sono registrati più di qualche attentato contro le sedi dei partiti di opposizione che hanno determinato una mezza dozzina di morti e centinaia di feriti.

Le istituzioni europee hanno espresso preoccupazione per quella che è stata considerata una campagna elettorale "squilibrata", nella quale il presidente Erdogan è intervenuto ovunque e costantemente monopolizzando, di fatto, la competizione politica, tutto questo nonostante il fatto che la Costituzione preveda la neutralità e le pari condizioni in merito agli spazi promozionali sui media.

Le opposizioni temono brogli e frodi elettorali, per questo si sono mobilitate decine di migliaia di volontari per monitorare lo spoglio dei voti nei vari seggi, in questi giorni nel paese sono presenti molti osservatori internazionali, anche quelli inviati dall'OCSE e dal Consiglio d'Europa.