Nella convulsa attesa del referendum greco, la primaria preoccupazione dei principali esponenti della politica europea riguarda i contraccolpi nei propri paesi. Se, tuttavia, le circostanze non consentono alcun pronostico credibile, il contraccolpo politico è già in atto e nient'affatto rassicurante.

Dopo la chiusura di borsa e banche, l'austerity, decisamente il male minore per i creditori, sembra in risalita nei sondaggi. La recente fuga di capitali fa presagire, per l'elettorato greco, conseguenze ben più amare delle misure chieste dall'Eurogruppo.

Una vittoria del partito dei NO, saldamente al comando sostenuto dalle dimissioni minacciate da Tsipras, aprirebbe una fase completamente nuova.

I possibili scenari

L'accoglimento delle misure europee prospetta lo scenario forse più prevedibile: una boccata d'ossigeno e la ripresa di un percorso di risanamento poco credibile ma più utile al prestigio della UE che alla Grecia. Molto più aleatorio è il default: se alcuni, come Padoan, ipotizzano shock limitati, altri, come Goldman Sachs, temono ben più gravi ripercussioni. Certa è la perdita da parte dei creditori (Italia compresa) di una parte del debito greco.

Le recenti aperture di Merkel ed Obama indicano la trattativa come soluzione che salverebbe, almeno sul piano economico, capra e cavolo: ripartirebbe, su basi nuove, un percorso di risanamento sperando che il debito, presto o tardi, venga onorato.

Nessuno sembra preoccuparsi, tuttavia, delle possibili, ed in parte già in atto, conseguenze politiche.

Al tavolo vi sono paesi che hanno vissuto una profonda crisi ed, in alcuni casi, stentano ad uscirne imbrigliati da capestri volti al "tenere i conti in ordine". In uno scenario dove gli euroscettici guadagnano terreno la ripresa delle trattative dimostrerebbe che in un braccio di ferro con la Troika è possibile, se non uscire vincitori, almeno non venire sconfitti.

Le conseguenze

Se una politica sostenibile può rilanciare la crescita, rischia di radicare un conflitto ormai recrudescente. Una Grecia allo stremo ha dimostrato che la matematica non può spingersi oltre un limite fisiologico: le nazioni sono fatte da persone che, se portate alla disperazione, reagiscono in maniera disperata.

Questa nuova consapevolezza, tuttavia, rischia di risultare inefficace proprio a causa di una nuova ottica: l'Europa è il nemico da battere e la sua accondiscendenza è preludio di riscossa. Se la Grecia è riuscita a spuntarla, altri stati potrebbero seguirne le orme e tanto l'opinione pubblica quanto i politici già premono sui propri governanti: lo stesso Berlusconi ha invocato analogie tra la vicenda greca e quella del suo governo rimarcando come un braccio di ferro gli venne impedito da dinamiche interne che portarono all'ascesa di Monti.

Una nuova Europa

Una UE più attenta alla crescita è l'occasione irripetibile per favorire una ristrutturazione di quei meccanismi che, per il momento, la tengono unita: allargatasi a dismisura e con manifeste criticità di comprensione reciproca, può ripensare, nella crisi greca, meccanismi obsoleti che hanno dimostrato, alla prova dei fatti, tutti i loro limiti.

Soprattutto, l'attenzione verso la sostenibilità sociale delle politiche economiche può tradursi in due nuove fondamenta della UE: la solidarietà nei confronti degli euro-deboli ed un nuovo senso di responsabilità di questi ultimi.

Più che di euro-scetticismo, sarebbe auspicabile parlare di rinnovamento della UE, soprattutto in una nazione, l'Italia, che ne è pur sempre, orgogliosamente, uno degli stati fondatori.