Il referendum in Grecia per decidere se accettare o meno le condizioni della Troika (Bce, Fmi, Ue) non è nemmeno detto che si tenga davvero, questa domenica 5 luglio, perché parecchi segnali fanno pensare che il governo Tsipras e l'Europa siano in procinto di trovare un accordo dell'ultimissima ora. Nel caso in cui, però, davvero il referendum si tenga, si possono iniziare a prevedere quali saranno i possibili scenari in caso di una vittoria del fronte del 'no'.

Insomma: cosa succede se vincono i no e la Grecia fallisce? Nonostante i sondaggi sul referendum in Grecia non diano l'opzione come favorita, non si può escludere una sorpresa dell'ultimo minuto, soprattutto vista l'alta percentuale di persone ancora indecise.

La prima cosa da dire, comunque, è che non è detto che una possibile vittoria del no porti all'uscita dalla moneta unica. L'ipotesi è possibile, anche probabile, ma non la si può dare per certa. Ed è per questo che più volte il ministro delle finanze Varoufakis ha segnalato come "non si tratta di un referendum sull'uscita dall'euro".

Premesso questo, cosa succede se vincono i no? La prima conseguenza sarà l'impossibilità della Grecia di accedere nuovamente ai prestiti della Troika e di conseguenza l'impossibilità di ripagare i 312 miliardi di debiti, di cui 140 sono nei confronti del fondo salvastati europeo, 55 per prestiti bilaterali da altri paesi dell'Unione, 27 nei confronti della Bce, 24 dell'Fmi e infine 50 nei confronti di privati. 

Il fallimento greco sarebbe quindi pagato dalle istituzioni che hanno prestato soldi ad Atene ma che adesso non possono più riceverli indietro.

E siccome questi soldi sono in larghissima parte offerti, anche se indirettamente, dai governi europei, significa che a pagare il conto del default greco sarebbero in primo luogo i contribuenti. C'è poi la possibilità che la Grecia esca dall'euro, stampi una propria moneta (forse di nuovo la dracma) e soffra di una pesante svalutazione, attorno al 30%.

Una svalutazione di questo tipo rilancerebbe le esportazione, ma farebbe fallire in serie le banche, che si troverebbero con i capitali svalutati di conseguenza e quindi estremamente indebolite.

Tutto questo in uno stato fallito e che quindi, per definizione, non ha più la possibilità di finanziarsi sui mercati se non a prezzi elevatissimi.

Lo scenario, quindi, è di una pesantissima crisi economica, innescata dal fallimento delle banche e dalla incapacità dello stato di trovare creditori disposti a prestare soldi. L'unico modo per trovare fondi, a questo punto, sarebbe quello di alzare le tasse o di tagliare la spesa pubblica. In uno stato già messo in ginocchio.