La Slovacchia pronta ad ospitare 200 rifugiati siriani, purchè siano cattolici. E' quanto dichiarato da un portavoce del ministro degli interni slovacco al Wall Street Journal: “vogliamo scegliere chi ospitare”. Il motivo apprente è che in Slovacchia non hanno moschee e quindi qualora arrivassero i musulmani, non avrebbero la possibilità di esercitare il proprio culto. Motivo per cui meglio che vadano altrove. Le malelingue insinuano però che quella slovacca sia solo una strategia per alleggerire il carico dei migranti e per allontanare le minacce del terrorismo islamico.

"Non volgiamo che i musulmani cambino la nostra natura"

La Slovacchia è un paese cattolico e solo lo 0,2 percento delle persone è musulmana. Gli slovacchi sono il 113 paese più popoloso del mondo, con quasi 5 milioni di abitanti, più della Croazia e della Slovenia. Lo scorso mese di gennaio il primo ministro socialista Robert Fico aveva dichiarato l'impossibilità di ospitare i rifugiati politici all'interno del proprio confine usando toni non proprio concilianti: “Non possiamo permettere che oltre 400 mila profughi musulmani entrino e vogliano iniziare a costruire le moschee e a cambiare i nostri valori e la nostra natura”.

Lo scorso anno accolti appena 14rifugiati

Parole dure a pochi giorni dalla chiusura di un anno, il 2014, che ha visto entrare a in Slovacchia appena 14 profughi.

Quest'anno Bruxelles aveva chiesto a Bratislava di accoliere almeno 1100 migranti, 900 in più di quanto annunciato. Recentemente in un paese vicino alla capitale è stato fatto un referendum sulla volontà o meno di ospitare le popolazioni in fuga dalle guerre: il 97 percento ha votato no. Del resto la Slovacchia sente di aver influito poco nelle dinamiche nord africane.

Sempre in una recente intervista il premier Fico ha giustificato la sua linea politica annuendo al fatto che il suo paese non avesse nessuna colpa né vantaggi da quanto sta avvenendo: “Chi ha deciso di bombardare la Libia? No. La Slovacchia non ha creato problemi”. Della serie: vedetevela voi.

Il problema della Libia

La decisione di bombardare la Libia del colonnello Gheddafi fu della Francia di Nicholas Sarkozy, appoggiato in un primo momento da Gran Bretagna e dagli Stati Uniti e poi dalla Nato, che sotto la “Unified Protector” unì tutte le operazioni a sostegno dei ribelli libici e che portarono il 20 ottobre 2011 alla morte di Gheddafi.

Ma da allora, nonostante i proclami, una soluzione in Libia non è stata trovata. Nei giorni scorsi Francia , Gran Bretagna, Germania, Spagna e Stati Uniti hanno trovato un accordo sulla base di un nemico comune: l'Isis, da fronteggiare e da sconfiggere, con la Nato pronta ad intervenire. “Altrimenti ci troveremo di fronte ad una nuova Somalia, ma di fronte alle nostre coste”, ne è sicuro il ministro degli Esteri italiano Paolo Gentiloni. Ma secondo il presidente della Camera di commercio Gianfranco Damiano, anche questo tentativo cadrà nel vuoto: "Da un anno Bernardino Leon sta cercando di trasferire il governo di Tobruk nel nuovo ordinamento, senza cavare un ragno dal buco. Non ho grandi speranze per il suo tentativo". A suo avviso una soluzione appare ancora lontana.