La legge sulla riforma del Senato arriva oggi in Aula a Palazzo Madama, dopo che le opposizioni hanno tentato inutilmente di far rimanere il testo in Commissione proponendo il ritiro di tutti gli emendamenti. Il premier Renzi, convinto di avere i numeri sufficienti per raggiungere la maggioranza in Senato e di poter approvare il testo entro la metà di ottobre, ha rifiutato così la proposta di Calderoli di ritirare 500 mila emendamenti per trovare un'intesa in Commissione.

L’accelerazione di Palazzo Chigi

Anche la minoranza Dem, pur rimanendo sostanzialmente contraria al testo, ha approvato il cambiamento del calendario dei lavori ed ha avallato l’accelerazione imposta da Palazzo Chigi.

Il capogruppo del Pd al Senato, Zanda, ha definito la proposta di ritiro degli emendamenti come una “manovra politica”, mentre Forza Italia e il M5S hanno protestato vivacemente.

Il premier Renzi ostenta sicurezza sui numeri della maggioranza anche perché il fronte centrista appare ora meno ostile al testo da approvare. Infatti, il leader di Ncd, Alfano, ha assicurato che sulla riforma del Senato il suo partito e il suo gruppo parlamentare troveranno ancora una volta l’unità.

Ma tutto si deciderà sostanzialmente all’interno del Pd e, quindi, nella direzione del partito fissata per lunedì prossimo, con la minoranza Dem che chiederà “margini di discussione in Parlamento e di evitare la prova muscolare”.

L’emendabilità dell’articolo 2

C’è anche un altro scoglio sulla riforma in tempi brevi del Senato: il presidente di Palazzo Madama, Grasso, deve decidere sull’emendabilità o meno dell’articolo 2 e, se questo articolo tornasse in discussione, i tempi si allungherebbero nuovamente a dismisura con ulteriori votazioni. Per scongiurare questi altri eventuali contrattempi Renzi avrebbe anche minacciato di abolirlo del tutto il Senato, facendolo diventare il “Museo delle Istituzioni della Repubblica”. E quest’ultima non sarebbe neanche una soluzione esagerata e impossibile, anche perché molte forze politiche, compresa molta parte dell’opposizione, potrebbero votarla.