Nuova svolta per lo Stato Islamico. Molti media iracheni sostengono che il leader del Califfato, Abu Bakr al-Baghdadi, è stato ucciso in un attacco aereo. Ancora non ci sono conferme da parte dell’organizzazione terroristica, ma tutto indica che ci sarà un cambio di strategia da parte del Califfato. I siti arabi Al Soraya e Al Anba citano fonti militari e assicurano che non c’è nessun superstite all’attacco iracheno nella provincia occidentale di Al Anbar. Anche l’agenzia iraniana Fars si è fatta eco della notizia. Il corpo di Abu Bakr al-Baghdadi non è ancora stato trovato.

Interventi militari

Il colpoè stato eseguito a Al Karable da un’unità speciale delle forze aeree conosciuta come i Falchi, con molta esperienza in attacchi contro i vertici dello Stato Islamico. Hanno contribuito i servizi segreti dell’Iran, Russia, Siria e Irak. Al Karable è un distretto di Al Anbar nella frontiera con la Siria. Durante l’operazione sarebbero morti anche altri leader jihadisti: Abu Hareth al Shami, Abu Aeshe al Ansari, Abu Yusef al Jezraui, Abu Husein al Salmani (capo della raccolta fiscale dell’organizzazione) e Wad al Latif Yome al Mohamadi, responsabile delle operazioni suicide dello Stato Islamico.

La morte come propaganda

Chi segue lo Stato Islamico è abituato ai video di orrore e violenze.

Decapitazioni, linciaggi, bambini che giustiziano a sangue freddo, uomini arsi vivi. La legge islamica prevede - secondo l’organizzazione terroristica – la morte più dolorosa per chi viola i principi religiosi e morali della sharia. Prima dell’estate l’Isis ha prodotto circa migliaia di elementi ufficiali di propaganda ideologica: fotografie, video, audio, riviste, manifesti.

Ma la violenza senza limite sembra non dare frutti e lo Stato Islamico ha recentemente cambiato strategia. Così, adesso la morte non è la protagonista della campagna, ma si cerca di convincere ai nuovi militanti con messaggi positivi.

Cambio di strategia

La Quilliam Fundation ha pubblicato un rapporto sulla propaganda digitale del Califfato: “Documentando il Califfato virtuale”.

L’inchiesta ha analizzato 1.146 messaggi tra il 17 luglio e il 15 agosto. Il direttore dello studio, Charlie Winter, è ricercatore senior della fondazione con sede a Londra. Ha concluso che la metà dei messaggi vogliono dimostrare che nel Califfato c’è una vita civiltà normale: stabilità economica, eventi sociali, servizi e amministrazione pubblica. I messaggi di violenza ora hanno come principale pubblico destinatario la popolazione locale, con l’obiettivo di intimidire e mantenere l’ordine.

Secondo il blog Diary of a Muhajirah (Diario di una moglie jihadista) tra i vantaggi di appartenere al Califfato c’è il fatto che “Qui non si paga l’affitto. I beni si ricevono gratuitamente; non paghiamo bollette di elettricità e acqua; gli alimenti sono gratuiti ogni mese; ci sono indennità mensili per marito e moglie e anche per ogni bambino della famiglia; le visite mediche e i farmaci sono gratuiti; anche chi non sa l’arabo può sopravvivere”.

Sono diventate famose anche le “guide turistiche” scritte dal britannico Abu Ramaysah Al-Britani. Ma per Afzal Ashraf, consigliere del Royal United Services Institute for Defence and Security Studies (RUSI, lo Stato Islamico non durerà per molto: “Le vittorie dello Stato Islamico non avvenute grazie alla sua forza, ma dal fallimento dell’esercito iracheno. Lo Stato Islamico non è solo più debole di quello che sembra, ma anche la sua ideologia ha ricevuto una ferita potenzialmente fatale”.