Sono passati quasi 15 anni dalla guerra dei Balcani e dell’intervento mirato della Nato contro il regime legittimo serbo e l’evoluzione dell’intera area dei Balcani è stata sempre sotto attenta osservazione dei grandi Paesi europei e in particolare della Nato. L’intervento militare ha avuto come obiettivo dividere un Paese federale con tanti contrasti tra le varie etnie, ma che avevano vissuto per molto tempo insieme in un cosiddetto regime democratico, un regime che aveva i giorni contati. La Serbia e il suo popolo hanno sperato troppo in una Comunità Europea imparziale, ha commesso tanti errori nella gestione della crisi con la provincia ribelle Kosovo, il fattore immagine ha rovesciato tutto e alla fine la decisione della Nato e dei Paesi UE ha portato ad una guerra piuttosto punitiva che equa contro il popolo serbo.

L’Italia ha giocato un ruolo strategico in questa operazione, nonostante la buona relazione con la Serbia, la decisione politica di sostenere l’Alleanza non poteva essere negata.

Con la fine della guerra i vari stati dei Balcani hanno avuto come obiettivo un percorso democratico e di ricostruzione, che poteva garantire la possibilità reale di integrazione nel UE e come primo passo nella NATO. L’intera zona è vista come strategica per l’intera regione, e Paesi come la Slovenia, Croazia e Albania erano scelte per iniziare a promuovere tutte le riforme necessarie per entrare nella NATO. Nel giugno del 2006 Montenegro ha scelto in modo democratico di separarsi dalla Serbia e formare un stato indipendente e le scelte verso un'economia di libero mercato hanno favorito la strada dell’indipendenza.

Ricordiamo che nel piccolo Paese balcanico dal 1996 si poteva usare il marco tedesco sostituito poi dall’euro e l’intero paese aveva avviato un processo di transizione verso una economia di libero mercato e interessata a portare stabilità nel intera zona cosi provata dai conflitti e contrasti etnici.

La scomparsa di una zona grigia nella costa adriatica, una mossa strategica

Con l’entrata del Montenegro nell’Alleanza si chiude completamente il fronte est dell'Adriatico e in contemporanea si rende più forte l’intera zona, integralmente sotto la copertura della Nato e capace di fornire sopporto logistico e militare per tutti gli interventi immediati e del futuro nel Medio Oriente.

La mossa strategica di questo allargamento è quella di dare un segnale forte a tutti i Paesi piccoli dello spazio ex jugoslavo che la porta rimane aperta e che possono avere un ruolo determinante per consolidare la presenza dell’Alleanza nei Balcani.

Sotto la copertura Nato tutti piccoli Paesi possono guardare adesso più sereni ad un futuro nella Comunità Europea e destinare le risorse per uno sviluppo in armonia con i Paesi dell’Unione. Questa adesione rende più agevole ogni tipo di investimento nel Paese e dà un segnale forte che il Paese sta adottando misure in grado di agevolare la transizione verso la Comunità Europea. Questa mossa sicuramente sarà un motivo in più per la Serbia per continuare il processo democratico e di integrazione non facile con le strutture europee e guardare con serietà i rapporti con gli stati che finora erano guardati come ostili.