È uno dei punti più controversi del disegno di legge Cirinnà, il punto chiave sul quale si concentra lo scontro in Parlamento delle forze politiche. Si tratta dell’articolo 5 del testo - ovvero la stepchild adoption - che prescrive, per un genitore non biologico, la facoltà di adottare il figlio di un partner. Non certo una novità per l’Italia che ha inserito nel suo ordinamento lo stepchild adoption nel 1983 e lo ha esteso alle coppie regolarmente sposate dal 2007. Un diritto che per forza di cose non viene riconosciuto alle coppie omosessuali, non legate da un vincolo riconosciuto dalla giurisprudenza.

Il ddl Cirinnà promosso dal governo Renzi punta a colmare dunque una lacuna legislativa, una realtà già conosciuta in 28 Paesi del mondo. Se l’articolo 5 del ddl dovesse guadagnare il via libera di Camera e Senato (oltre che superare l’esame della Corte Costituzionale), l’adozione del bambino per le coppie dello stesso sesso sarà regolato dai medesimi vincoli già indicati nella legge 184/1983. Il componente richiedente, infatti, potrà chiedere l’adozione del figlio biologico del partner previa accettazione del genitore biologico. Spetterà infine al Tribunale dei minori verificare se il genitore adottante è in possesso di tutti i requisiti necessari nell’interesse finale del figlio.