Irrefrenabile Donald Trump. Il magnate newyorkese non sembra incontrare ostacoli nella corsa che porterà all'elezione del candidato del partito repubblicano alla Casa Bianca. Porta a casa la terza affermazione consecutiva in Nevada, dove "The Donald" ha vinto i caucus tra i repubblicani. Nel "Silver State" - così è soprannominato il Nevada - si pensava che Trump potesse incontrare maggiori difficoltà, data la prevalenza di cittadini di origine ispanica. Venivano infatti dati per favoriti i due suoi principali antagonisti, Marco Rubio e Ted Cruz.

Così non è stato, e Trump si è imposto con oltre il 40% dei voti, convincendo così un'ampia fetta dell'elettorato ispanico e tenendo lontano Rubio, accreditato secondo, a venti punti percentuali di distacco.

Si avvicina il "Supermartedì"

Si avvicina la resa dei conti. Il 1° marzo, il "Supermartedì", si terranno le primarie nel Texas e verrà assegnato quasi un terzo dei delegati. Proprio in Texas, Trump potrebbe legittimare numericamente la sua candidatura, aprendo così le porte su di uno scenario che in molti ritenevano tanto improbabile quanto sconveniente: avere Donald Trump come candidato del partito repubblicano, il Grand Old Party. "Questa è una grande serata - ha detto - festeggeremo a lungo.

Preparatevi". E ha tenuto a precisare la fermezza su due dei suoi punti programmatici più controversi : "Manterremo Guantanamo e costruiremo il muro con il Messico", opponendo una fiera contrarietà alla volontà di Obama di chiudere il campo di prigionia su territorio cubano.

Rubio e Cruz hanno ancora speranze di vittoria

Il Texas, Stato dove Ted Cruz dovrebbe riuscire a spuntarla in quanto ivi senatore, sarà quindi il vero snodo cruciale delle primarie repubblicane.

Dopo la vittoria in Iowa, Cruz tiene ancora accesa la fiamma della speranza per la vittoria finale: "Nessuno ha mai vinto la nomination, senza passare per la vittoria in uno dei primi tre stati" ha detto dopo la sonora sconfitta in Nevada. Definitivamente sfilati dalla corsa finale gli altri due candidati repubblicani rimasti, dopo il ritiro di Jeb Bush, l'ex chirurgo Ben Carson ed il governatore dell'Iowa John Kasich.

Analogamente a quanto successo con Bush, i voti dei due potrebbero essere deviati in favore della candidatura di Marco Rubio. Sembra che il partito repubblicano le voglia provare tutte per evitare una reale vittoria di Trump, rifiutando fermamente che il Tycoon possa rappresentare l'eredità di personaggi come Lincoln, Eisenhower o Reagan.

Trump nemico comune per i democratici

Tra i democratici, invece, ci si avvia ad una volata quanto mai incerta. Sabato 27 febbraio ci saranno infatti le primarie in South Carolina che, stando ai sondaggi, non sposteranno più di tanto gli equilibri emersi fino ad ora. Nel frattempo, i due candidati Clinton e Sanderssi sono uniti nell'avversione nei confronti del magnate repubblicano.

L'ex first lady si è soffermata accusando Donald Trump di "aver effettuato una campagna elettorale dai toni eccessivamente violenti". Bernie Sanders l'ha invece accusato di essere un "fomentatore del razzismo".

Dopo il Super-tuesday del primo marzo, ci si avvierà sul rettilineo finale, che vedrà votare gli stati-chiave che eleggeranno il maggior numero di delegati. Così in Florida ed Ohio si voterà il 15 marzo, nello stato di New York il 19 aprile e in California il 7 giugno. In ultimo, nel District of Columbia il 14 giugno, dove risiede la capitale federale Washington. Tutto il mondo attende con impazienza la data dell'election day, fissato l'8 di novembre, in cui si rinnoverà anche una consistente percentuale del Congresso Usa.