Donald Trump contro tutti. Contro Hillary Clinton, con la quale spera di guerreggiare a suon di voti nella presa della Casa Bianca, contro i suoi attuali rivali alle primarie, contro il suo stesso partito che probabilmente non è mai stato così in imbarazzo dai tempi della guerra di secessione. Naturalmente anche contro l'Isis, perché alla fine soddisfa il bisogno di una parte dell'elettorato di individuare un nemico fuori dal confini. Tramontato il comunismo, l'integralismo islamista ne raccoglie l'eredità nelle menti dei "guerrafondai a tutti costi".

Un esercito di 30 mila uomini

Trentamila uomini per schiacciare l'Isis. Questa la proposta di Trump nel recente dibattito contro gli avversari alle primarie repubblicane. In realtà, per la prima volta da quando ha annunciato la sua candidatura, la nuova "Trumpata" suona come pura provocazione. L’ultimo dibattito tra i candidati del "Grand Old Party" è stato uno dei pochi, forse l'unico finora, all'insegna del politically correct. Soprattutto quando "The Donald" ha parlato di Cuba e, pur criticando l'apertura di Obama verso l'isola dei Castro, ha sottolineato la necessità di "negoziare". Riteniamo che Trump, piuttosto che alla guerra all'Isis, stia pensando a come sbaragliare i suoi avversari alla nomination per la Casa Bianca, anche perché se dovesse risultare il più votato il prossimo 15 marzo alle primarie in Florida, Illinois, Missouri, North Carolina ed Ohio, la sua candidatura alla presidenza sarebbe quasi impossibile da contrastare. Con buona pace di contestatori ed oppositori all’interno del suo stesso partito.