Compirà 91 anni il prossimo 29 giugno eppure resta uno dei personaggi più influenti della politica italiana. Dopo aver promosso la strada dell’astensione sul referendum delle trivelle, Giorgio Napolitano ha invitato il Parlamento ad approvare la riforma della Giustizia. Una priorità secondo l’ex Capo dello Stato soprattutto per ciò che concerne il capitolo delle intercettazioni e la separazione netta di poteri tra la magistratura e la politica. Le parole di Napolitano hanno sollevato naturalmente un vespaio di polemiche soprattutto da parte dei suoi storici detrattori, con il Movimento 5 Stelle in prima fila a denunciare la sua ingerenza.

Matteo Renzi, che già all’atto dello scoppio di Trivellopoli aveva mostrato chiari segnali di insofferenza nei confronti delle toghe, appare deciso come non mai a proseguire sulla stessa strada solcata da Silvio Berlusconi. Ad appoggiarlo il presidente emerito della Repubblica che è tornato a dire la sua in occasione degli Stati generali dell’esecuzione penale. “Penso che sia più che matura - ha affermato Napolitano - l’esigenza di approvare la riforma del processo penale con la norma di delega per riformare le regole e chiarire i termini di comportamento sulle intercettazioni e sulla loro pubblicazione”.