“Vedi Napoli e poi cadi” è lo slogan coniato da Beppe Grillo che meglio fotografa il momento di crisi del governo. Chissà che Matteo Renzi, nel corso della visita a Bagnoli, non si sia lasciato tentare dal regalarsi qualche amuleto scaramantico della tradizione partenopea. Il premier è in affanno, una condizione mai conosciuta dal suo avvento a Palazzo Chigi. Le polemiche sull’inchiesta Tempa Rossa e sul ruolo dell’ex ministro dello Sviluppo Economico, Federica Guidi, hanno creato uno tsunami politico dalle proporzioni importanti. Renzi è sotto assedio e non solo dei suoi acerrimi nemici a cinquestelle.

Il fatto che ieri sia stato accolto a Napoli da una violenta contestazione in occasione della presentazione di un progetto che punta a rilanciare un’area degradata della città, è la dimostrazione che qualcosa si è rotto. L’ex sindaco di Firenze non appare più intoccabile e come lui i suoi fedelissimi.

Le pressioni per il petrolio

Il dato forse più sconcertante dell’inchiesta di Potenza è la rappresentazione di un conflitto interno all’esecutivo sulla gestione del greggio in Basilicata. Diversi sono i nomi chiamati in causa nelle telefonate intercettate dagli inquirenti tra la Guidi e il compagno Gianluca Gemelli (Boschi, Delrio, De Vincenti e Lotti). È questo l’aspetto che più preoccupa Renzi, al di là della totale estraneità dei diretti interessati: è la credibilità di un governo partito già con l’handicap di non essere nato dalle urne ma che con esse dovrà confrontarsi a breve.

In tal senso il referendum sulle trivellazioni del 17 aprile acquisisce un valore fondamentale, un crocevia dal quale dipenderà una buona fetta di sussistenza dell’esecutivo stesso. “Spero che fallisca - ha affermato forse in maniera azzardata il premier in videochat su Facebook - perché non riguarda assolutamente nuove trivellazioni ma di gas e petrolio che già vengono estratti”.

A rafforzamento della sua tesi, il premier ha poi ricordato al popolo del gli 11mila posti di lavoro a rischio.

Due test in soli due giorni

Con l’eco dell’inchiesta Tempa Rossa, che potrebbe portare ad altri e clamorosi colpi di scena, la partita sul referendum è più che mai aperta. Se fosse raggiunto il quorumper Renzi le cose si metterebbero davvero male perché dopo due giorni (19 aprile ndr), in Senato saranno discusse e votate le mozioni di sfiducia presentate dalle opposizioni.

A fiutare la possibilità del tracollo del governo è stata la minoranza del Pd, iperattiva sulla battaglia contro le trivellazioni. “Io andrò a votare - ha annunciato l’ex capogruppo alla Camera, Roberto Speranza - e voterò sì. Perché credo che sia una buona occasione per promuovere un modello di sviluppo ecosostenibile nel nostro Paese”. Dello stesso avviso Enrico Rossi, che ha già lanciato la sua candidatura a segretario del PD alternativa a Renzi: “Voterò sì perché credo sia sbagliato rilasciare concessioni perenni, a vita, senza fare, alla normale scadenza di esse, le opportune verifiche per conciliare al meglio l’interesse dei lavoratori, del territorio e dell’ambiente, con quelli dell’approvvigionamento energetico”.