Donald Trump guarda con occhi avidi scenari che fino a pochi mesi fa sembravano pura utopia. Aver vinto senza veri avversari le primarie del Partito Repubblicano gli sta dando un indubbio vantaggio, considerato che la corsa dei Democratici alla nomination non si è ancora conclusa ed anzi Hillary Clinton, che pure conserva un netto margine su Bernie Sanders, starebbe sensibilmente perdendo consensi. Indubbiamente è ancora presto per definire "The Donald" favorito nella corsa alla presidenza ma è chiaro che le distanze dalla Clinton si sono accorciate.

All'estero sono in molti a guardare con occhi preoccupati ciò che sta accadendo negli States perchè un'eventuale ingresso di Trump alla Casa Bianca rappresenterebbe una svolta epocale anche per la politica mondiale. Mesi fa un parere illustre, quello dell'Economist, mise una possibile presidenza Trump tra le "catastrofi mondiali", definendolo addirittura "più pericoloso dell'Isis". Una nuova analisi arriva ora dal professor Alessandro Volpi, docente presso il dipartimento di scienze politiche dell'Università di Pisa, secondo il quale la presidenza di Donald Trump sarebbe gravemente dannosa anche per l'economia dell'Unione Europea e, conseguentemente, dell'Italia.

Cambio della politica economica statunitense?

Considerati i proclami nazionalisti di Donald Trump,una politica tutta in prima linea a difesa del dollaro sarebbe più che probabile nel caso di una sua presidenza. Dinanzi ad un prevedibile scontro tra valute, la Banca Centrale Europea sarebbe costretta a rivedere molte delle sue attuali posizioni relative al mercato americano.

Il professor Volpi sottolinea inoltre come la crescita dell'economia italiana stimata l'anno scorso sia stata fortemente influenzata dalla politica monetaria della Bce e dai costi in ribasso delle risorse petrolifere. Nel corso dei suoi comizi, il miliardario newyorkese ha addirittura accennato al "protezionismo" economico in vigore negli Stati Uniti quasi cento anni fa, a cavallo tra le due guerre, ed ha minacciato dure sanzioni nei confronti di quelle imprese che vogliono delocalizzare la loro attività.

Inoltre ha prospettato una sorta di "blocco economico" destinato a frenare l'invasione della Cina i cui prodotti sarebbero sottoposti a tariffe altissime. "Tutto ciò - ha sottolineato Alessandro Volpi - alla luce della debolezza dei nostri consumi interni e considerata la dipendenza dell'economia italiana alle variabili internazionali, ci rende estremamente vulnerabili perché impreparati ad un improvviso cambio di rotta della politica economica statunitense".

Questione migranti, gli effetti devastanti di un disimpegno americano

In questo momento uno dei principali problemi affrontati dall'Unione Europea e dall'Italia è la crisi migratoria. La Commissione UE ha posto al vaglio diverse soluzioni, l'unica concretamente adottata è rappresentata dagli accordi con la Turchia che hanno praticamente chiuso le frontiere greche ma acuito l'emergenza su altre rotte come quella italiana.

Sulle scelte politiche ed economiche dell'Unione relative alla questione migranti conta parecchio il sostegno degli Stati Uniti, che Barack Obama ha rimarcato nel corso dell'ultimo G7 in Giappone. Sulla questione migratoria la posizione di Donald Trump è di netta chiusura e per quanto le sue dichiarazioni relative alla politica estera sia state finora confuse, tutto lascia presagire ad un totale disimpegno su questioni internazionali che riguardano i Paesi alleati. "Senza il supporto del governo americano - evidenzia il professor Volpi - non si può avere una presa in carico globale per affrontre la questione migranti. Se gli Stati Uniti adottassero una posizione di chiusura su tutte le questioni internazionali di carattere politico ed economico, un medesimo comportamento potrebbe essere presto seguito da altre potenze, come ad esempio la Cina". Ciò che viene temuto da Alessandro Volpi ma anche da altri esperti di politica ed economisti è un nuovo clima da guerra fredda.