Adesso Renzi deve veramente fare i conti con tutti, in particolar modo con la minoranza interna del Pd, realtà in crescita dopo la sconfitta alle amministrative. Il ruolo da Segretario del partito e Premier non trova più il gradimento iniziale, e si cominciano a vedere aspiranti candidati alla guida del partito stesso. È il caso di Enrico Rossi che ha già annunciato di volersi candidare alla successione di Renzi per la Segreteria.

Pesano le scelte di “destra” e la personalizzazione del referendum

La scelta poco azzeccata di “deviare” l'interesse generale sul referendum di ottobre, in tempo di campagna elettorale per le amministrative, a ben 5 mesi dalla consultazione sulle riforme costituzionali, non ha giovato al Premier che stavolta mastica amaro e comincia a far fronte ai problemi fino ad ora messi sotto il tappeto sbandierando il risultato delle europee di qualche anno fa.

Da allora le cose sono cambiate, a sinistra non hanno gradito l'abolizione dell'articolo 18, operazione tipicamente di centro-destra, che è servita sicuramente ad ammiccarsi Confindustria, ma che ha creato una frattura con la base degli eletti e con la base delle sezioni.

Anche la riforma costituzionale non piace a numerosi iscritti, persone che hanno combattuto quando Berlusconi tentò una riforma analoga, alla quale Renzi si è indubbiamente ispirato, con l'abolizione del Senato ed introducendo i senatori “nominati”. Allora si esultò quando il referendum fallì, come si esultò quando con una manifestazione oceanica al Circo Massimo si riuscì a bloccare, con l'aiuto dei sindacati, l'istituzione del già citato articolo 18, passato ora tra la “finta indifferenza”, dei simpatizzanti e dei sindacati stessi, che hanno dovuto buttare giù il boccone senza quasi proferir parola.

La sensazione è che nel partito siano in tanti a voler cambiare rotta, l'effetto degli 80 euro, manovra senza dubbio positiva, si sta rivelando una foglia di fico e comincia a scolorirsi quell'immagine di un Premier portato in alto dalle banche, ed in generale da quei poteri forti da sempre combattuti, mettendo in luce i reali poteri celati dietro la sua “anomala” salita a Palazzo Chigi.

Emblematica la soluzione proposta per andare in pensione: la richiesta di un prestito agli istituti bancari per ottenere quello che, e non è certo retorico affermarlo, è un “sacrosanto diritto” che grida allo scandalo per chi ha alle spalle 40 anni di lavoro.

Che dire poi della personalizzazione del Referendum sulle riforme costituzionali, il popolo di sinistra ha innalzato le barricate “sull'uomo solo al comando” incarnato da Silvio Berlusconi, ed ora che il gigante è stato buttato giù, ci si ritrova a dover difendere l'indifendibile di un Premier, nemmeno passato per il giudizio popolare, che in tutto e per tutto assume quei comportamenti tanto combattuti dal rivale.

La resa dei conti è cominciata, da Bersani a Speranza, sono in tanti a fare la voce grossa nel PD, ed ormai il referendum di ottobre sarà lo spartiacque, ed in caso di bocciatura l'ultimo atto politico di un Premier in difficoltà dopo le clamorose “Caporetto” di Roma e Torino, ma anche di Napoli, dove De Magistris ha sancito la rottura della città con l'ex sindaco di Firenze.