È il tempo dei sospetti, delle accuse e dello scaricabarile. Quello a cui si è assistito negli ultimi giorni nell’aula del Senato non è che l’antipasto di ciò che sarà fino a quando non si arriverà al crocevia di questa legislatura: il Referendum costituzionale. Lo scenario è complesso non certo per qualità e quantità dei contenuti del dibattito, quanto per le manovre sotterranee dei partiti. In gioco ci sono notevoli interessi politici e troppo spesso personali. Di certo a influire sugli ultimi eventi sono stati i verdetti emersi dalle amministrative.

L’impennata del M5S ha scombussolato i piani di una maggioranza improvvisata, ma convinta di poter tirare dritta indisturbata fino al 2018. E invece le carte si sono rimescolate perché, proprio l’odiato Italicum, consegnerebbe uno strapotere in Parlamento ai pentastellati senza precedenti. Un rischio troppo alto per il Partito Democratico e per Matteo Renzi che, compiendo una virata olimpionica, si è detto disposto a rimettere mano alla legge elettorale dopo aver risposto picche per mesi alla minoranza dem.

La regia di Napolitano

Con buona pace dei sostenitori della teoria della limitatezza dei poteri esecutivi del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano è il personaggio attorno al quale continuano a gravitare le manovre di palazzo.

Il predicatore delle larghe intese è tornato a indicare la rotta in un’intervista rilasciata a Il Foglio. “L’Italicum così com’è non va bene” perché, ballottaggio e premio di maggioranza alla lista più votata, consegnerebbero il Paese nelle mani di Grillo. Meglio una versione aggiornata del Mattarellum (guarda caso in linea con l’ultima proposta presentata dalla minoranza PD) e un nuovo Patto per l’Italia siglato da tutte le forze responsabili in Parlamento.

Le indicazioni dell’ex Capo dello Stato hanno fatto subito breccia tra i destinatari del messaggio, che hanno risposto obbedisco a modo loro a Palazzo Madama: stop al ddl Tortura, rinvio sui termini della prescrizione e no all’uso delle intercettazioni nel processo Ruby Ter contro Berlusconi. Tre sussulti clamorosi, ma necessari per rieditare il nuovo fronte anti cinquestelle.

La reazione veemente

Dopo aver rispedito al mittente l’accusa di aver servito la causa dell’ex Cavaliere, il M5S (che ha però fornito il suo placet al voto segreto in aula) ha evocato il ritorno del Patto del Nazareno. “È un inciucio che non finisce mai” è il commento più in voga tra i cinquestelle legato a un video che documenta la tensione altissima in Senato. Un concetto rilanciato dalla senatrice Paglini: “Salvare e agevolare Berlusconi? Non è la prima volta che lo fate! A cominciare da Violante in poi. Ma credete che siamo tutti fessi?”. Sulla stessa lunghezza d’onda Nicola Morra che, negli attimi seguenti al verdetto in aula, è venuto quasi alle mani con un collega di Forza Italia: “Coloro che pochi giorni fa alla Camera avevano salvato - con voto palese però - Luigi Cesaro, ex autista di don Raffaele Cutolo indimenticabile boss della Camorra, ora al Senato facevano analoga schifezza, ma nascondendosi dietro il voto segreto e scaricando la responsabilità proprio su chi è entrato in Parlamento per impedire il voto segreto e l’ipocrisia che questo consente, il Movimento!”.