Il percorso per dare all’Italia una legge sul reato di tortura ha subito un nuovo stop. Il presidente del Senato Pietro Grasso ha infatti sospeso, e rinviato a data da destinarsi, l’esame del disegno di legge che introduce una legislazione specifica nel nostro ordinamento. C’è chi esulta (vedi Salvini e la Lega) e chi invece protesta (M5S e Sinistra italiana), ma il problema resta e ricorda l’inadempienza di un paese che da un quarto di secolo discute sulla materia ma non concretizza. L’Italia ha ratificato nel 1988 la Convenzione contro la tortura delle Nazioni Unite: dopo quasi 30 anni il vuoto resta.

Ddl Tortura: cosa prevede e perché il rinvio dell’esame

Il 5 marzo 2014 il Senato ha approvato in testo unificato il disegno di legge intitolato “Introduzione del delitto di tortura nell’ordinamento italiano”, in breve “Tortura”. Il 9 aprile 2015 il testo è stato approvato dalla Camera, con qualche modifica e quindi ritrasmesso all’altro ramo. Che cosa prevede? Pene variabili a seconda dei casi: si va dai 3 ai 10 anni per chi “con violenza o minaccia – si legge nel testo - o violando gli obblighi di protezione, cura o assistenza, intenzionalmente cagiona a una persona a lui affidata o sottoposta alla sua autorità sofferenze fisiche o psichiche al fine di ottenere dichiarazioni o informazioni o infliggere una punizione o vincere una resistenza o ancora in ragione dell’appartenenza etnica, dell’orientamento sessuale o delle opinioni politiche o religiose”; le pene aumentano da 5 a 12 anni per reati commessi da pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio “con abuso di poteri o in violazione dei doveri inerenti alla funzione o al servizio”.

La condanna a 10 anni è prevista solo in caso di “reiterate violenze”, “con crudeltà” e “verificabile trauma psichico”. Un emendamento approvato da Pd, M5S e Sel, ha successivamente eliminato l’aggettivo “reiterate”, suscitando malumori nel centrodestra. Quindi, nel giorno previsto per il nuovo esame del ddl in Senato, Lega, Forza Italia e Cor hanno chiesto e ottenuto il rinvio, spinte anche dalla convinzione che si tratti di un provvedimento che punisca e intralci il lavoro delle forze di polizia.

“Non è così, il provvedimento riguarda chiunque”, sostiene Luigi Zanda, capogruppo del Pd al Senato, il quale ha aggiunto che il ddl verrà approvato “prima della pausa estiva”. Staremo a vedere.

La tortura in Europa: come sono messi i nostri vicini

Mentre l’Italia resta il palo, qual è la situazione nei principali paesi europei in materia di tortura?

In Francia il reato è regolato dal codice penale, con pene minime fino a 15 anni, ma le condanne possono salire a 20 anni in caso di reato commesso su minori o disabili e a 30 anni se il colpevole è un genitore; in caso di morte è previsto l’ergastolo. Nel Regno Unito, invece, c’è una legge in vigore dal 1988 che stabilisce l’ergastolo per il reato di tortura, con riferimento al pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni. La Spagna ha introdotto pene variabili che vanno dai 6 mesi ai due anni in generale, mentre per i pubblici ufficiali si va da uno a 6 anni, con possibile inabilitazione al servizio da 8 a 12 anni. In Germania, infine, non esiste una legge specifica, bensì norme assimilabili sui maltrattamenti fisici e psichici, con pene fino a 5 anni in generale, fino a un massimo di 10 anni per i pubblici ufficiali.