Potrà anche non diventare presidente degli Stati Uniti d'America ma questa campagna elettorale che porta dritta alla Casa Bianca sarebbe decisamente noiosa senza Donald Trump. Ora che il miliardario newyorkese è ufficialmente il candidato del Partito Repubblicano ed ha dunque tutte le chanches di diventare l'uomo politico più potente del mondo, le sue bordate mediatiche fanno più effetto. Stando alle sue parole pronunciate nel corso della convention di Cleveland, una sua amministrazione alla Casa Bianca metterebbe a rischio addirittura l'Alleanza Atlantica.

Attacco alle fondamenta della NATO

Nel corso della convention che lo ha incoronato ufficialmente candidato alla presidenza, "The Donald" ha citato gli impegni NATO che dal dopoguerra ad oggi hanno legato indissolubilmente gli Stati Uniti ai Paesi del blocco occidentale e, dalla fine del XX secolo in poi, a quelli post-comunisti ex Patto di Varsavia. "Perché da presidente dovrei automaticamente intervenire in favore dei Paesi Baltici - è stato l'esempio citato da Trump - se questi venissero attaccati dalla Russia? Ci sarebbe da valutare il contributo di questi Paesi alla NATO". Vladimir Putin avrà certamente fatto i salti di gioia a queste parole. Ironie a parte, Trump considera le alleanze una pura questione economica.

Se un Paese non è in regola con il contributo NATO, pertanto, non merita aiuti militari. La prima risposta a questa presa di posizione è arrivata da Jens Stoltenberg, segretario generale dell'Alleanza Atlantica. "Il valore principale su cui si basa la nostra alleanza è la solidarietà - ha sottolineato - perché gli Stati Uniti hanno tutto l'interesse di difendere gli interessi dell'Europa e viceversa".

Sullo stesso tono la risposta dell'attuale segretario di Stato americano, John Kerry. "Gli aiuti agli alleati non sono subordinati al contributo NATO". Guardando la questione con occhio obiettivo, una presidenza Trump segnerebbe di fatto una svolta epocale nella politica estera americana perchè secondo il candidato repubblicano "è arrivato il momento che gli Stati Uniti si occupino delle loro questioni interne prima di intromettersi in quelle di altri Paesi.

Non abbiamo il diritto di dare lezioni a nessuno".

Parole in favore di Erdogan e di Assad

Donald Trump ha poi fatto riferimento al recente fallito golpe in Turchia ed alla questione siriana. "Dò un grande credito al presidente turco, Recep Tayyp Erdogan, per il modo in cui ha ribaltato la situazione nel suo Paese dopo il tentato colpo di Stato. Alcuni dicono che sia stato organizzato a regola d'arte per permettergli di fare "pulizia" degli oppositori ma io non lo credo". In parole povere, Trump presidente non farebbe alcuna pressione su Ankara per invitare alla moderazione l'attuale pugno di ferro del leader turco. Si è poi espresso in favore di Bashar al-Assad. "Meglio che resti dov'è, alla guida del governo siriano. La fine del regime indebolirebbe la lotta all'Isis".

Pro e contro di un 'disimpegno americano'

Un possibile disimpegno americano potrebbe creare uno squilibrio internazionale, favorendo di fatto una crescente egemonia russa in alcune delicate questioni. Senza le spalle coperte dal suo storico alleato, l'Unione Europea già minata dal ciclone Brexit ne uscirebbe ulteriormente indebolita. Ma vista sotto un'altra luce, un'America che si non si intromette nelle questioni interne ad altre nazioni sarebbe davvero un male? La storia ci indica esempi poco felici: Vietnam, Operazione Condor in America Latina, la seconda guerra in Iraq, l'attuale crisi siriana. L'intervento statunitense, di fatto, non ha migliorato le cose ed alcune parti del mondo, Medio Oriente in testa, ne stanno ancora pagando le conseguenze. Visto sotto questo aspetto Trump appare certamente meno 'nazista' e 'guerrafondaio' di come tanti lo hanno dipinto.