Il terzo incomodo, l’outsider, lo scivolo dei voti del popolo di Sanders. La corsa alla Casa Bianca ha un nuovo volto tra i candidati: non solo Hillary Clinton e Donald Trump, ma anche Jill Stein. Chi è? La candidata dei Verdi americani, fresca di nomina alla convention tenutasi all’Università di Houston. Il suo programma? Abolire il debito degli studenti, introdurre il diritto al salario minimo e tagliare la spesa militare almeno del 50%. Quante chance di successo ha? Le ultime proiezioni la danno al 6%, ma la sua addetta stampa Meleiza Figueroa ripete: “16% con il voto degli under 30”.

“Jill not Hill”, ecco il grido di battaglia

Sulla carta ha una minima probabilità di soffiare lo scettro a uno dei due candidati maggiori, ma questo è un momento particolare per gli Usa e quel che conta, ad oggi, è l’importanza del ruolo che la candidatura della Stein può esercitare nella corsa alle presidenziali del 2016, che si terranno nel mese di novembre. I rapporti di forza sono chiari: Hillary Clinton è la favorita, Donald Trump il principale antagonista; gli ultimi sondaggi parlano in media di uno scarto di 7 punti percentuali tra i due, 47% per la candidata democratica contro il 40% del magnate repubblicano. Sono quote, ad oggi, impensabili per Jill Stein, la quale tenta l’impresa per la seconda volta consecutiva, poiché fu la candidata dei Verdi anche nel 2012.

Come andò allora? Con lo slogan “A Green New Deal for America” raccolse quasi 470mila voti (lo 0,36% del totale), diventando la candidata femminile di maggior successo nella storia delle presidenziali americane. Un traguardo che la Clinton pare destinata a superare, ma il primo dato importante della candidatura di Jill è proprio questo: rafforza la presenza femminile nelle elezioni 2016 e contribuisce ai segnali di cambiamento.

E poi? Medico e attivista di 66 anni,la Stein vive a Lexington (nel Massachuttes) e si presenta stavolta con lo sloga “Jill not Hill”, mentre sulle t-shirts ufficiali che sostengono la sua candidatura c’è scritto “I Stand Against Oppression Everywhere.”, ovvero: “Io sto contro l’oppressione ovunque.”. Alla convention di Houston, Jill ha vinto la concorrenza interna del “running mate” Ajamu Baraka e ha subito chiarito una delle sue mire principali: raccogliere il sostegno e i voti dei migliaia di elettori delusi che hanno formato il popolo di Bernie Sanders.

Il movimento da li lanciato, sostiene Jill, non può esaurirsi dentro il Partito democratico. Perché? «Avete cambiato le dinamiche politiche e niente sarà più come prima», ha detto la Stein proprio rivolgendosi apertamente ai sostenitori di Sanders. Ribadendo quanto sia la Clinton che Trump siano poco amati dai loro stessi elettori, la candidata dei Green vede un sentiero percorribile verso la vittoria che coinvolge i democratici disillusi gli studenti oppressi da montagne di debiti.

Il programma del Green Party: ambiente, lavoro e diritti

Ambiente, lavoro, lotta alla povertà, diritto alla salute e all’educazione, un’economia giusta, libertà ed eguaglianza, riforme nella giustizia criminale, giustizia per tutti, pace e diritti umani, democrazia reale, tasse eque, cambiamenti nel mondo della finanza e della casa: eccoli i capisaldi del programma 2016 di Jill Stein, quale figura nel sito che promuove la sua corsa alla Casa Bianca.

Al primo punto c’è la protezione del pianeta e dell’umanità che lo abita, anche mediante la creazione di 20 milioni di posti di lavoro grazie alla transizione verso le energie pulite e rinnovabili entro il 2030. Quanto al diritto alla salute, invece, l’obiettivo è quello di «eliminare il cancro dell’assicurazione sanitaria», con un programma “Medicare for All” che punta al risparmio di 400 miliardi di dollari all’anno per garantire a tutti una migliore qualità della sanità americana.