Politica e calcio sono da sempre uniti, a dispetto di quello che molti vogliono sostenere. Appare utopico pensare che in una competizione in cui si scontrano atleti di differenti nazionalità, la situazione politica mondiale venga dimenticata. Ciò che è accaduto in tempi recenti ne è una dimostrazione. Quando l'atleta egiziano El Shehaby si rifiuta di stringere la mano e di fare il consueto inchino judokaall'avversario israeliano, contravvenendo alle norme del fair play, ci si indigna. Bisogna squalificarlo, non è degno di prendere parte ad una manifestazione dove lo spirito di amicizia è uno dei valori fondamentali.

Quando la dogana israeliana non lascia passare le divise e le bandiere palestinesi destinate agli stessi Giochi Olimpici di Rio, forse ci si indigna un po' meno.

Dall'altra parte del mondo

Dall'altra parte del Mondo si giocano i preliminari di Champions League di calcio. In Scozia, a Glasgow, il Celtic sfida gli israeliani dell'Hapoel Be'er Sheva. Durante la partita, isostenitori della squadra scozzese espongono alcune bandiere palestinesi, nonostante l'avvertimento della UEFA, che bandiva qualunque manifestazione di carattere politico. Il gesto dei tifosi del Celtic, infatti, poteva essere considerato una provocazione e "fomentare l'odio contro un gruppo di persone in base alla loro provenienza".

Giusta o sbagliata che sia, la decisione era volta ad evitare qualsiasi scontro o disordine all'interno dello stadio. Ma siamo sicuri che quando si tratti di Israele non vengano usati due pesi e due misure? Ma soprattutto una domanda sorge spontanea: è giusto pensare che la politica non abbia nulla a che fare con lo sport?

Di esempi in cui il connubio sport-politica viene considerato positivo sono molti.

Come il 16 ottobre 1968, a Città del Messico, quando Tommie Smith e John Carlos, rispettivamente primo e terzo nella finale maschile dei 200 metri, sollevarono il pugno contro la discriminazione in base al colore della pelle. O quando nel 1976 la nostra squadramaschile di tennis dovette affrontare il Cile in Coppa Davis. Il Cile del sanguinario Pinochet. E la squadra italiana decise di andare in Cile, presentandosi con una divisa rossa. Ma di esempi ce ne sarebbe molti altri che vale la pena ricordare.