Dopo una giornata burrascosa caratterizzata dal muro contro muro tra Movimento 5 Stelle e i partiti, l’aula dei Deputati ha bocciato la proposta del taglio degli emolumenti dei parlamentari. Non è la prima volta che il Palazzo si tiene stretti i suoi privilegi. Ciò che è accaduto è stato tuttavia significativo ai fini dei contenuti che le singole parti hanno snocciolato in una chiave di prospettiva. Sì perché i cinquestelle, forti del consenso elettorale incassato nelle recenti amministrative, hanno alzato la voce contro la cosiddetta casta con la presunzione di chi presto si troverà dalla parte migliore della barricata: quella del governo.

Il leader del Movimento, Luigi Di Maio, ha voluto sottolineare proprio questo concetto nel suo intervento: la battaglia contro i privilegi della politica sarà il primo punto che verrà affrontato dopo il potenziale cambio della guardia a Palazzo Chigi. Priorità bollata come populismo dal resto della compagnia con il Partito Democratico in prima linea a dettare i ritmi delle repliche, quasi stretto all’angolo dallo tsunami di polemiche.

Fondi per le imprese

La proposta cinquestelle bocciata dalla Camera si strutturava sulla falsa riga di quanto già fanno i grillini autonomamente: una fetta degli stipendi sarebbe stata trattenuta dalla Camera e destinata in un fondo per il microcredito. Una vera e propria risorsa per i piccoli imprenditori troppo spesso impossibilitati ad accedere a finanziamenti mediante istituti bancari.

“È una proposta che facciamo da quattro anni - ha attaccato Di Maio - e voi come maggioranza ci bocciate sempre”. Un sistema di taglio agli stipendi in realtà c’è già ma è applicato in maniera indipendente dai singoli e la destinazione d’uso del denaro pubblico recuperato viene restituito al ministero dell’Economia. “Quei soldi non tornano al servizio dei cittadini - ha tuonato Di Maio - ma vanno a coprire la spesa centrale dello Stato che è aumentato del dodici per cento”.

“Ogni volta che la presidente Boldrini si vanta di aver restituito milioni - ha aggiunto - si ricordi che sta finanziando il nuovo aereo blu di Renzi, la scorta di Alfano e tutti gli altri sprechi dei Ministeri”.

Volano gli stracci

A portare lo scontro in aula a livelli di non ritorno il cinquestelle Manlio Di Stefano, che ha puntato il dito dritto contro i colleghi che siedono da 30 anni in Parlamento e che non hanno mai lavorato per davvero al di fuori del Palazzo.

Una provocazione rispedita al mittente dalla Boldrinima che ha dato vita alla rivolta degli avversari. Ettore Rosato, capogruppo del PD alla Camera, ha esclamato a più riprese: “Basta con questa demagogia!”. Il dem ha invitato i presenti a collegarsi al portale dei grillini per scoprire le reali entrate mensili dei portavoce e le difformità con quanto dichiarato in aula. “I cinquestelle restituiscono in media duemila euro al mese - ha affermato - ne guadagnano 3200 netti più i rimborsi di cene, taxi, alloggi e telefoni per 7mila euro”. “È tutto nero su bianco - ha sottolineato Rosato - ma nessuno di loro ne fa cenno”. Al di là del dibattito politico, la triste verità sul tema l’hanno fornita i dati Ocse/Eurostat: i salari dei parlamentari italiani restano tra i più alti del 60% rispetto alla media dell’UE.