Pochi giorni fa, il 22 settembre 2016, il Primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha tenuto un discorso all’Assemblea generale dell’Onu, che ha definito una “farsa” più ce una “forza”. Il motivo è dettato da ciò che lo stesso premier definisce “ossessiva fissazione” delle Nazioni Unite nei confronti di Israele, colpito da ben 20 risoluzioni Onu nel 2015. Un’offensiva che non risparmia riferimenti ai palestinesi, con tanto di invito al presidente Abu Mazen a presentarsi e parlare al parlamento israeliano, dopo quanto da lui espresso sempre in sede Onu.

I due esponenti, però, non marcarono presenza al summit per la pace in Medio Oriente tenuto a Parigi nel giugno 2016. Mentre il candidato alla Casa Bianca Donald Trump promette tutta Gerusalemme a Israele, sette giornalisti palestinesi hanno denunciato la chiusura dei loro profili Facebook in seguito, si dice, all’accordo raggiunto tra il social network e il governo israeliano per “mitigare l’incitamento all’odio e al terrorismo”. Il giornalista, avvocato e scrittore (Premio Pultizer) Glenn Greenwald ha messo in guardia l’opinione pubblica dal rischio della censura; Facebook, però, fa sapere che si è trattato di un errore, nonché si è scusato per l’invasione nel social dell’hashtag “#FbCensorsPalestine”.