Donald Trump e Vladimir Putin. Non è dato sapere quanto vera sia questa inedita alleanza tra un candidato presidente degli Stati Uniti ed un leader del Cremlino, almeno per il momento. Che Putin faccia il tifo per Trump non è una novità, in realtà se il presidente russo fosse in grado di poter decidere in prima persona sulle sorti della presidenza americana, gli potrebbe andar bene un "Obama tris" visto che le evidenti debolezze in politica estera mostrate dall'attuale amministrazione della Casa Bianca hanno consentito alla Russia di guadagnare parecchi punti in quello spaccato di mondo che va dall'Ucraina alla Siria.

Questo è ovviamente impossibile ed ecco, dunque, che tra l'ex segretario di Stato Hillary Clinton, dietro la quale si muove l'ombra lunga del marito ed ex presidente Bill, ed un neofita della politica che manifesta apertamente stima nei suoi confronti, il lungimirante Vladimir preferisce il secondo e non fa nulla per nasconderlo.

Le indagini dell'FBI

Prima il furto di migliaia di e-mail dall'archivio del Partito Democratico, poi l'attacco a Yahoo. Gli hacker hanno colpito nel segno ma che dietro questo meticoloso lavoro di pirateria informatica ci possano essere addirittura i servizi segreti di Mosca è tutto da dimostrare. L'America democratica grida la sua indignazione e punta il dito su Vladimir Putin: la senatrice Dianne Feinstein e il deputato Adam Schiff - ambedue membri di spicco della Commissione parlamentare sui servizi che hanno accesso a informazioni 'top secret' - lo hanno accusato apertamente, forti anche del parere del numero uno dell'intelligence statunitense, James Clapper.

Secondo questa visione, il Cremlino sta cercando di influenzare il voto per le presidenziali dell'8 novembre. Sarebbe una novità storica, considerato che nemmeno i grantici segretari dell'URSS ai tempi della guerra fredda erano arrivati a tanto. Quello di influenzare le sorti elettorali altrui con le buone o con le cattive maniere, del resto, è una sana abitudine statunitense e fa male ritrovarsela a casa propria.

Ironie a parte, per gli States sarebbe sicuramente una falla non trascurabile ed in merito le indagini dell'FBI non stanno tralasciando nessun dettaglio. Nel mirino dei Federali ci sarebbe, in particolare, Carter Page. Costui è un uomo d'affari molto vicino a Donald Trump nel ruolo di consigliere per la politica estera ed il sospetto è che possa aver avviato, in qualche modo, contatti con esponenti del governo russo.

La questione al centro di questi presunti colloqui sarebbe la rimozione delle sanzioni nei confronti di Mosca relative all'annessione della Crimea. Tutto ciò, ovviamente, nel caso di una vittoria elettorale di Trump.

Il clima da guerra fredda

Per il momento ci muoviamo lungo confini di un'articolata spy-story ma che a Washington e dintorni ci siano più pareri propensi a questi sospetti ci spinge a considerarla fondata.I rapporti tra Stati Uniti e Russia sono ai minimi storici e possiamo ben dire che non sono mai stati così tesi dalla disgregazione dell'URSS ad oggi. La questione siriana ha dato il suo contributo a questo stato di cose ma, proprio in Siria, è Putin a reggere il coltello dalla parte del manico.

Non è da escludere che le parti, nonostante una dichiarata mancanza di fiducia reciproca, possano tornare a sedersi al tavolo delle trattive ma nel frattempo la Russia continua le sue operazioni militari a supporto del regime di Damasco. Che la guerra continui o meno, Putin resta il grande arbitro di questa partita: gli Stati Uniti non hanno alleati credibili e si sono rivelati incapaci di rispettare l'unica condizione imposta dalla Russia dai famosi accordi di Ginevra. Oggi il Cremlino sta pensando di spostare la sua delicata partita direttamente a Washington? Forse la sta giocando da tempo e gli allarmi lanciati da Hillary Clinton e dal suo entourage celano in maniera maldestra la paura di un avversario che è diventato forte, molto più forte di ciò che si supponeva soltanto pochi anni fa.