Ciò che accade politicamente in Germaniapreoccupa, più di ogni altra nazione europea. Stiamo parlando di un Paese che ha vissuto in maniera indelebile, sulla propria pelle, gi effetti di un regime di estrema destra. Oggi non ci sono gli scenari politici che nel 1939 portarono allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale ma la crescita dell'ultradestra di Frauke Petry a discapito della maggioranza guidata da Angela Merkel può davvero minare le fondamenta dell'Unione Europea. La Germania, insieme alla Francia ed all'Italia, rappresenta l'asse portante dell'UE.

La perdita di consensi a cui sta andando incontro la cancelliera equivale ad una fiducia minore che i cittadini tedeschi ripongono sulle politiche europeiste. Vale lo stesso per la Francia, dove la crescita del Front National di Marine Le Pen è sinonimo di una bocciatura crescente del concetto stesso di Unione Europea. L'Italia fa eccezione, l'unica forza politica di spessore, dichiaratamente antieuropeista e xenofoba, è la Lega Nord che però non ha possibilità di crescita. Nata come movimento separatista, non riesce a sfondare da Roma in giù nonostante i tentativi di "esportazione" del segretario Matteo Salvini. Tutto questo mentre il Movimento Cinque Stelle, partito populista certamente non di destra, deve ancora chiarire la sua reale posizione nei confronti dell'UE.

Nasce come movimento euroscettico, potrebbe avere i numeri per candidarsi al governo del Paese ma le diverse "anime" che vi convivono e la mancanza di una vera base politica lo rendono un'indecifrabile nebulosa.

Dove soffia il vento nazionalista

Nel Regno Unito la destra nazional-pupulista ha già segnato un punto importante, promuovendo il referendum sul 'Brexit' e portando il Paese fuori dall'Unione Europea.

Quello che più di ogni altra cosa sorprende in negativo è l'incapacità delle forze democratiche di opporsi all'ascesa di movimenti estremisti. Un aspetto che lascia sgomenti, in particolare, nei Paesi che abbiamo citato dove esiste una base democratica solida, ma anche in nazioni come l'Olanda, in cui l'ultradestra di Geerd Wilders raccoglie il 25 per cento dei consensi, la Finlandia caratterizzata da una coalizione di governo della quale fa parte anche il Partito Nazionale e l'Austria, dove il prossimo 2 ottobre si andrà nuovamente al voto per le presidenziali ed il candidato dell'estrema destra, Norbert Hofer, parte da una base che si aggira intorno al 50 per cento dei consensi.

La svolta a destra non sorprende invece nei Paesi dell'ex blocco comunista, dove le forze democratiche sono ancora troppo deboli e poco strutturate per fornire alternative credibili ai crescenti nazionalismi. In Polonia governa l'estrema destra di Jaroslaw Kaczynski, conservatore ed ultracattolico; in Ungheria il partito capofila è il nazionalista Fidesz di Viktor Orban con i neonazisti di Jobbik vicini al 20 per cento. Uguale situazione in Slovacchia, dove il Partito Nazionale di dichiarata ispirazione nazionalsocialista fa parte della coalizione di maggioranza, mentre nelle repubbliche baltiche di Lettonia e Lituania gli attuali governi sono caratterizzati dall'appoggio dei rispettivi partiti di estrema destra.

La situazione paradossale è quella greca dove l'estrema sinistra di Alexis Tsipras governa al fianco della destra populista di Anel, senza contare il successo elettorale dei neonazisti di Alba Dorata. Infine, l'esempio più eclatante di populismo di facile consumo che arriva da oltre oceano: la candidatura alla Casa Bianca di Donald Trump è la dimostrazione di come gli Stati Uniti d'America che si sono sempre proposti nel ruolo di "garanti" della democrazia nel mondo, non siano immuni da questo contagio.