Ieri sera dal palco di Nettuno, ultima tappa del tour contro la Riforma Costituzionale organizzato da Alessandro Di Battista, il M5S ha deluso i tanti che attendevano risposte importanti sul caso Roma. Semmai si è registrata una regressione importante, politicamente parlando, che riporta di colpo indietro negli anni la sua nuova classe dirigente dichiaratosi pronta a prendere in mano le redini del governo nazionale. La certezza di sempre - la sola in grado di far ripartire la giostra in maniera più o meno compatta dopo l’imbarazzante telenovela Raggi - è rappresentata da Beppe Grillo.

In una giornata che verrà ricordata per l’escalation di una lotta fratricida che va avanti da tempo, il comico è tornato in prima linea per richiamare i ribelli all’unica soluzione possibile: l’unità. Solo grazie a Grillo si è arrivati a un punto di svolta dopo un vertice maratona durato più di dieci ore alla presenza della sindaca Raggi e dei componenti dei direttori nazionale e romano. A guardare al risultato finale Virginia ha saputo resisterealle rimostranze dell’accusa e a dettare la sua linea.

Il peggio non è passato

L’assessore indagata Paola Muraro resta al suo posto fino a nuovo ordine; il vicecapo di gabinetto, Raffaele Marra, avrà un ruolo meno centrale; ridimensionato il maxi-stipendio del segretario Salvatore Romeo; confermato al Bilancio il neo assessore Raffaele De Dominicis.

Conclusioni che sorridono alla tenacia della sindaca di Roma, ma che di certo non la mettono al riparo da futuri ribaltoni. In pochi all’interno del M5S hanno digerito l’impostazione garantista della Raggi che cozza irrimediabilmente con le epurazioni (incomprensibili), marchio di fabbrica a cinquestelle. Una scelta questa però obbligata dalle responsabilità nella vicenda del predestinato Luigi Di Maio.

Il giovane leader pronto a correre per Palazzo Chigi era stato informato da tempo dell’inchiesta che vedeva coinvolta la Muraro ma ha taciuto. Sul palco di Nettuno ha chiesto scusa, umilmente, guadagnandosi il perdono del capo, che lo ha abbracciato quasi a volerlo mettere al riparo dagli attacchi dei suoi stessi compagni. Un’immagine simbolo che non cancella dubbi e perplessità sul momento di crisi del M5S.

Il mistero della talpa

Nella battaglia frontale tra la Raggi e il direttorio romano c’è chi ha innescato l’ingordigia dei media con sms ed email compromettenti. In molti hanno puntato il dito contro la senatrice Paola Taverna, componente centrale del cerchio ristretto capitolino. Attacchi rispediti al mittente dall’interessata che, dopo aver giurato a Grillo la sua estraneità, ha però preferito non comparire a Nettuno. “Il M5S è la mia vita - si è difesa Paola Taverna - e per quello che è in mio potere lotterò fino alla fine per veder realizzato quel sogno. Non riuscirete a metterci gli uni contro gli altri”. Un passaggio, quest’ultimo, richiamato più volte dai compagni di Movimento che non hanno avuto imbarazzo nell’attaccare i media e i cosiddetti poteri forti.

Una tesi troppo comoda per una squadra che mira a governare un Paese sull’orlo del baratro. Una tesi buona sì per strappare qualche applauso in più dalla folla acclamante, ma non certo per cancellare gli errori eclatantiche il M5S ha commesso laddove è stato chiamato ad amministrare. Le risate passano, i problemi restano sempre.