Si è infine fatta chiarezza nell’oscuro mondo del web e dei troll che mai come in questi ultimi tempi intreccia i suoi interessi con quelli della politica. Ultimo capitolo della saga riguarda l’account Twitter che risponde al nome di beatrice di maio (@BeatricediDi), un profilo per cui il Pd aveva avviato un’interrogazione parlamentare per capire meglio chi o cosa si nascondeva dietro alle accuse (pesanti) che arrivavano da quei tweet.

La risoluzione della vicenda

La risoluzione della vicenda è avvenuta per mano del proprietario stesso dell’account.

Anzi, della proprietaria. Beatrice Di Maio non è risultato altri che Tommasa Giovannoni Ottaviani, moglie di Renato Brunetta. L’ammissione è stata fatta attraverso un’intervista a Libero, in cui la moglie del Capogruppo di Forza Italia alla Camera ha voluto chiarire la faccenda, escludendo il marito da ogni colpa o consapevolezza, in cui il nome ambiguo utilizzato su twitter è stato giustificato in quanto “ricordava una persona cara”.

L’account si era reso protagonista di numerosi attacchi che prendevano di mira esponenti del Pd, Presidente della Repubblica, la Boschi, Banca Etruria, Renzi: insomma, tutto faceva pensare ad un utente in sintonia con le idee del movimento 5 stelle, sebbene la Ottaviani abbia precisato di non essere una "militante del Movimento".

È stato questo comportamento a portare il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Luca Lotti alla denuncia per diffamazione, ed Emanuele Fiano, capogruppo del Pd in commissione Affari costituzionali, a richiedere un’interrogazione parlamentare seguito da altri esponenti dem.

In realtà, tutta la vicenda era partita a seguito di un articolo pubblicato sul quotidiano La Stampa, in cui, partendo dal caso Beatrice Di Maio, si denunciava un apparato ben strutturato e inserito perfettamente nei meccanismi del web e dei social media, dove le notizie vengono lanciate e riprese in maniera virale, fino a far diventare difficilmente rintracciabili le fonti, creando la cosiddetta “macchina del cyber fango”.

Fiano aveva parlato di “macchina del fango automatizzata con il compito di diffamare il Pd” e “costruita ad arte per favorire il Movimento 5 Stelle”, mentre altri si erano pronunciati sul tema trovando i colpevoli in fantomatici hacker russi pro Movimento 5 Stelle.

La vicenda non sembra comunque finire qui. La vera Beatrice Di Maio ha promesso battaglia contro la diffamazione operata dal giornalista de La Stampa, dal cui articolo sarebbero arrivate le interrogazioni parlamentari e le varie accuse.